Il Discendimento dalla Croce del Maestro di Ozieri a 20 anni dall’acquisto
Il Discendimento dalla Croce del Maestro di Ozieri.
“Il Maestro di Ozieri torna a casa” scriveva, con un titolo di prima pagina, Voce del Logudoro (settimanale della diocesi di Ozieri) in quel 25 marzo 2001, che non era solo fa Festa dell’Annunciazione del Signore ma l’annunciazione del rientro in Sardegna, dopo poco più di novant’anni, di quella che il Valery nel suo Voyage en Sardaigne aveva definito il più bel quadro della città di Sassari. A distanza di vent’anni da quell’evento, ripercorriamo la storia della dispersione e del recupero della preziosa tavola rientrata nella città di Andrea Sanna detto “il Maestro di Ozieri”, al quale la tavola è stata attributa.
Per oltre tre secoli la chiesa oratorio di S. Croce di Sassari fu sede della omonima confraternita, fin tanto che nel 1828 papa Leone XII ne dispose il trasferimento presso la chiesa della SS. Trinità, al fine di permettere la costruzione del nuovo braccio del seminario. In quella circostanza il retablo di Santa Croce, dal quale deriva l’opera ritrovata, fu smembrato e gran parte delle tavole disperse. Furono posti in salvo, per certo, due elementi: la Crocifissione e il Discendimento dalla croce allogati nella nuova cappella sotto il patronato della confraternita di S. Croce, ma probabilmente anche un Cristo alla colonna attualmente disperso.
Nella seconda metà dell’Ottocento il pittore dilettante Enrico Murtula acquistò le tavole del Discendimento e della Crocifissione, ma probabilmente anche di un Cristo alla colonna, assumendo l’obbligo di fare copia, quantomeno, delle prime due, che custodì, per oltre trentacinque anni, resistendo a numerose lusinghiere offerte di acquisto.
Nel 1909 il pittore è contattato dai milanesi Leonardo Turconi ed Enrico Giani, in occasione di un loro viaggio a Sassari. Probabilmente mosso da pressanti ragioni economiche, ma anche sviato dall’imperizia dell’intermediatore Amilcare Dallay specializzato nel commercio di antichi filet, che non seppe attribuire un giusto valore alle tavole del Cinquecento, l’anziano Murtula pochi mesi prima della sua scomparsa svende per 5.500 lire: «1°. Deposizione dalla Croce, un Cristo in croce di e una Fustigazione di Gesù alla colonna».
Nel 1927 i coniugi Enrico Giani e Aida Albonico «in riconoscenza a Dio, per la salute riacquistata in Cannero», un piccolo centro sulle rive del lago di Garda in provincia di Verbania, fanno dono della Crocifissione alla parrocchiale di San Giorgio del comune rivierasco. Qui la tavola trasportata su tela già dal 1909 è conosciuta dal tedesco Hermann Voss che l’associa ad una Crocifissione in vendita presso un antiquario di Wiesbaden e pubblica un articolo sulla rivista londinese «The Burlington Magazine for connoisseurs», dell’aprile-settembre 1930.
Alla morte del collezionista d’arte, Eros Malinverni figlio di prime nozze della moglie ereditò la tavola del Discendimento. Per sdebitarsi con la signora Antonietta Visentin che per quarant’anni aveva gestito le faccende domestiche di Casa Turconi, il Malinverni alla fine degli anni Novanta lasciò in eredità alla stessa anche la facoltà di scelta di cinque dipinti tra i quali il Discendimento.
Nel 2000 la nuova proprietaria cedette all’architetto Malerba di Milano il quadro forse più caro al ragioniere milanese. Considerata, in Sardegna, ormai irrimediabilmente perduta, la tavola riapparve nel maggio 2000 nel catalogo della Finarte Casa d’Aste con l’attribuzione alla cerchia di Alonso Berreguete. Riconosciuta da Luigi Agus, previo espertise di Vittorio Sgarbi fu acquistata, con lungimiranza del sindaco Vanni Fadda, dall’Amministrazione comunale di Ozieri e contributo straordinario della Regione, nel marzo 2001.
Del retablo molto probabilmente strutturato secondo il consueto schema architettonico di matrice sardo-catalana, con doppio trittico e tavole sfalsate di differenti dimensioni, avanzano allo stato attuale delle ricerche, due elementi. La quasi perfetta sovrapponibilità della tavola del Cristo in croce tra la Vergine e S. Giovanni con quella del Discendimento dalla croce inducono a riconoscere nella prima la cimasa e nella seconda la tavola mediana del trittico inferiore. Tra le tavole perdute si ipotizza possa essere un Cristo davanti ad Erode, una Flagellazione di Gesù, un Cristo alla colonna venduto dal Murtula con le due superstiti, una Andata al Calvario e un Cristo al sepolcro.
La tavola oggi patrimonio del Museo Diocesano di Arte sacra di Ozieri ricalca, almeno per quanto riguarda l’impianto scenico e l’azione del discendimento, il Discendimento dalla croce di Marcantonio Raimondi datata al secondo decennio del XVI secolo e tratta da un omonimo soggetto su tavola di Raffaello perduto. Pur mantenendo i caratteri di intensa drammaticità della stampa raimondina, il ruolo dei personaggi al piede della croce è oggetto di una originale rielaborazione.
In una sola istantanea sono rappresentate le quattro figure femminili, Maria, Maria di Cleofa, Maria di Magdala e Salomè, documentate tra il momento della crocifissione e quello della deposizione nei Vangeli di Marco e di Giovanni. La figura che, terrea, si accascia non è la Madonna, come ritenuto, secondo il modello raimondino, dalla più parte degli studiosi, ma potrebbe essere, in quanto più direttamente segnata da un lutto familiare, sua sorella Maria di Cleofa, madre di Giacomo il minore e di Giuseppe.
La sua disperazione si coniuga con quella di Maria di Magdala che porta la mano al capo, ma stride con il ruolo della Madre di Dio, l’unica a non dubitare della risurrezione del Figlio. Maria è riconoscibile per i personalissimi tratti fisionomici con cui è costantemente ritratta dal Maestro, sempre al piede della croce con il manto azzurro sul capo che proietta l’ombra sul volto. L’ultima a destra con i cappelli raccolti sulla nuca sarebbe, per esclusione, Salomè madre di Giacomo il maggiore e di Giovanni.
Nell’insieme l’elaborata e complessa composizione è più serrata rispetto alla stampa originale. Il carico del Cristo morto, improbabilmente sorretto nella stampa del Raimondi da quattro figure, ricade qui in massima parte su Giuseppe d’Arimatea il robusto personaggio all’apice della scala destra del riguardante. Sulla scala contrapposta è un anziano Nicodemo mentre Giovanni protende le braccia per accogliere il corpo esanime del Figlio dell’uomo.
La fortuna dell’incisione del Raimondi in ambito peninsulare è testimoniata dalla diffusione del Discendimento ripreso in maniera differente da numerosi manieristi. Di particolare interesse sono quelli ampiamente rivisitati da due tra i massimi rappresentanti del manierismo spagnolo, Pedro Campaña e da Pedro Machuca, da cui si direbbe che dipendano gli stessi cromatismi emergenti da una identica luce crepuscolare del Discendimento sassarese. Il fatto presuppone una matrice culturale comune, identificabile in quella corrente manieristica iberica, non distante dalla «cerchia di Alonso Berreguete», alla quale il dipinto era stato attribuito nel catalogo della Finarte.
Gian Gabriele Cau