Cagliari, al San Giovanni di Dio il più avanzato centro chirurgia di cataratta, cornea e patologie vitreoretiniche
Il San Giovanni di Dio di Cagliari ha da oggi il centro più avanzato per la chirurgia della cataratta, della cornea e la diagnosi e chirurgia delle patologie vitreoretiniche. Il centro, dotato di macchinari e strumenti all’avanguardia e di ultima generazione si trova al piano terra dell’ospedale ed è stato inaugurato dal Commissario Straordinario dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, Agnese Foddis, dal Direttore Sanitario Ferdinando Coghe, dal professor Maurizio Fossarello, direttore dell’Oculistica, e da Antonello Cau neodirettore della Struttura semplice di Chirurgia del segmento anteriore del glaucoma.
«Abbiano acquistato – dice Agnese Foddis – un’attrezzatura diagnostica di avanguardia, che permetterà di ottenere risultati di estrema precisione in questo tipo di chirurgia. Dare più servizi e di qualità ai cittadini è un nostro fondamentale obiettivo».
L’Oculistica dell’Aou Cagliari, spiega Maurizio Fossarello «si pone in questo modo all’avanguardia: offriamo un servizio di eccellenza nella prevenzione, diagnosi e terapia di tutte le patologie oftalmologiche, con una dotazione diagnostica e chirurgica unica nella Regione Sardegna. In particolare permettono un’assoluta completezza diagnostica nelle principali patologie: cataratta, cornea, glaucoma, retina».
Gli strumenti acquistati vanno a completare, prosegue Fossarello, «un’opera di implementazione e digitalizzazione iniziata con l’acquisto di ecografi di nuova generazione, angio-OCT e lampade a fessura, che permette di avere il più avanzato sistema diagnostico completamente in rete della Regione Sardegna». Inoltre, «la sala operatoria, l’acquisisce nuovi microscopi con Oct incorporati e connessione digitale con strumenti di biometria e posizionamento lentine Iol Verion, associato ai laser di ultimissima generazione per la femtocataratta e per la femtocornea, unici nel territorio regionale permetteranno di poter risolvere casistiche che fino ad ora erano costrette a quella triste esperienza dell’emigrazione sanitaria verso strutture di altre regioni».