Con Draghi al Quirinale, spunta l’ipotesi Di Maio premier
Eppur Mario Draghi si muove. Dopo aver assistito imperterrito ai giochi tra i partiti, il premier ha iniziato a tessere la sua tela, ricevendo personalmente i leader della politica o chiamandoli al telefono. Salvini, Letta, Berlusconi… Non chiede voti per sé, Draghi, dà rassicurazioni sulla vita del governo.
Dal segretario della Lega riceve la garanzia che il Carroccio non si sfilerà dall’esecutivo. A patto però che il governo si rinnovi profondamente. Il segretario leghista, si affrettano a chiarire fonti del Carroccio, non garantisce invece il sostegno a Draghi per il Colle. O almeno non in questa fase. Il disgelo c’è, ma è solo parziale.
Con Enrico Letta, Draghi ha un chiarimento più schietto. Il segretario dem è un grande elettore del presidente del consiglio. Il nodo è come eleggerlo al Quirinale. E c’è una sola strada per farlo: garantire un governo ai tanti che temono la fine anticipata della legislatura. Draghi chiarisce che non asseconderà la richiesta di Salvini sul Viminale. E sulla premiership apre alle soluzioni che i partiti sapranno trovare. Saltano quindi i nomi di Cartabia o Belloni, o Franco.
In maggioranza si affaccia semmai un’altra ipotesi, che passa per il M5s, partito in cui i contiani spargono sale sulla candidatura Draghi. Luigi Di Maio, secondo questa ricostruzione, potrebbe salire dalla Farnesina a Palazzo Chigi, ricomporre attorno a sé un esecutivo che sarebbe il trampolino di lancio per Draghi al Colle. Oggi in Transatlantico, il ministro degli Esteri sembrava quasi assecondare questo ruolo, passando da un capannello all’altro, ricevendo i parlamentari, in stile andreottiano. Particolare il feeling tra lui e Giancarlo Giorgetti, che tra una pizza e l’altra hanno fatto lievitare l’ascesa di Mario Draghi sul tavolo appiccicoso della politica politicante. Di Maio premier, scenario troppo hard? Una fonte della segreteria Pd non chiude affatto. “Si può fare certo, ma bisogna accompagnarlo con l’elezione di Draghi al Colle. Per ora non ci siamo ancora”. Resta, cioè, da convincere Salvini.
I segnali in questa direzione lasciano ben sperare i tifosi del ministro degli Esteri. C’è l’attivismo del premier – da una parte – e c’è l’intesa tra Letta e Salvini dall’altra. Draghi-Salvini e Letta navigano nella stessa direzione. In Transatlantico fonti parlamentari attribuiscono l’inedita verve draghiana ad una sorta di derby con Pierferdinando Casini. La candidatura di quest’ultimo porterebbe a un governo sostenuto da una maggioranza che ha il suo perno al centro. Per il Pd di Letta, ma anche per la Lega di Salvini, sarebbe uno scenario da incubo.
Letta e Salvini, nel faccia a faccia che hanno avuto oggi, hanno concordato sulla tenuta dell’assetto bipolare. Centrodestra e centrosinistra torneranno a fronteggiarsi alle elezioni – si sono detti – ma possono convivere come hanno fatto quest’anno, e quindi non in un governo politico a spinta centrista, ma in un governo di larghe intese, dove i diversi convivono senza mischiarsi. Patti chiari e amicizia lunga insomma.
La trattativa sul Quirinale è appunto un modo per scrivere questi patti. Quando ieri Salvini ha detto che non avrebbe sostenuto Casini al Quirinale, a palazzo Chigi e nel Pd hanno compreso che il leghista aveva fatto finalmente una scelta di campo, dopo aver ascoltato le sirene renziane che cantavano le lodi della soluzione Casini. Ieri la svolta. Si tratta ora di stendere il programma di governo, le riforme da fare (solo ritocchi alla legge elettorale), le caselle da cambiare nell’esecutivo. Ma sono incombenze che verranno. al momento disegnano ancora il perimetro della possibile maggioranza.
Fonti parlamentari riferiscono che Draghi ha sentito anche Silvio Berlusconi, dopo averlo cercato per sincerarsi delle sue condizioni di salute. E se Giuseppe Conte non ha visto Draghi – uno dei pochi a non aver incontrato, essendo molto attivo in questo senso –, lo fa spesso invece Di Maio, anche se minimizza (‘l’ho sentito più volte: come potrei non farlo, con la crisi ucraina in corso?’). Se Conte ribadisce il rischio di allontanare il premier da Palazzo Chigi, il ministro degli Esteri chiede ai partiti di non logorare Draghi. Un modo, con qualche ascendenza andreottiana, per augurargli l’elezione al Quirinale? A Palazzo Chigi c’è già chi ci pensa.
(«Agenzia DiRE» – «www.dire.it»)