La storica contesa sulla costruzione della stazione ferroviaria di Chilivani
L’eliminazione dal progetto originario della rampa d’accesso diretto verso la città di Ozieri sulla nuova arteria stradale Sassari-Olbia, all’altezza dell’ex quadrivio di Martis, riporta alla memoria la storica contesa sulla costruzione della stazione ferroviaria di Chilivani. Un’opera tanto attesa all’epoca, che non mancò di sollevare discussioni, denunce e contrapposizioni non tanto sulla validità della stessa, ma sul punto in cui doveva sorgere.
Siamo nel 1863, grazie alla legge n. 1105 il Governo nazionale riuscì ad approvare la costruzione della prima storica rete ferroviaria della Sardegna a scartamento ordinario. L’esecuzione fu affidata alla Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde, una società costituita con capitali a maggioranza inglese. Le linee previste sul centro nord Sardegna erano tre: Oristano-Ozieri; Ozieri-Sassari-Porto Torres; Ozieri-Terranova-Golfo degli Aranci. In questi centri inoltre dovevano sorgere le stazioni di arrivo e di partenza dei tre tratti. Ozieri, per la sua posizione baricentrica, doveva costituire il punto dal quale essi si sarebbero dovuti ripartire e al quale avrebbero dovuto far capo. Ma qualcosa andò storto. Tant’è che la società inglese, in barba alle disposizioni di legge, modificò il progetto governativo a suo piacimento, facendo leva su un presunto risparmio economico. La linea, invece che passare a soli 100 metri dall’abitato di Ozieri come previsto, sarebbe dovuta essere costruita, dopo la variante predisposta dagli ingegneri inglesi, a non meno di 4 chilometri dalla città.
Una prima contrapposizione a questa decisione fu manifestata dalla giunta comunale di Ozieri, guidata dall’allora sindaco Contini-Fois, il 23 aprile del 1863, quando incaricò l’ing. Ganzoni di studiare la situazione e presentare un ricorso. La controversia sul tracciato finì sui tavoli del Parlamento, dove si dibatterono due linee di pensiero: una che sosteneva il tratto Ozieri-Oristano passando per Macomer; l’altra che spingeva per una linea passante per il Nuorese, la Valle del Tirso e la Catena del Goceano fino ad arrivare alla città di Ozieri. Delle due tesi ad avere la meglio fu la prima, nonostante la seconda soluzione offrisse notevoli vantaggi alle popolazioni della Sardegna centrale, che più di altre zone soffriva problemi di isolamento e di sottosviluppo economico-sociale a causa del disastrato sistema di comunicazione stradale.
Neanche il deputato Giuseppe Garibaldi poté far molto per far cambiare il progetto. Infatti, il muro eretto dai responsabili inglesi si dimostrò troppo alto per essere superato. La forza dei britannici faceva leva sui molti intessi economici nell’isola e la conseguente influenza decisionale all’interno di tutti gli apparati burocratici dello Stato. Cosicché, in fase di rettifica, la stazione provvisoria – così veniva definita – fu costruita a Chilivani, a 6 chilometri dal centro abitato. Vani furono anche nel 1871 i tentativi del sindaco, avv. Agostino Mucculittu, di avvicinarla a Ozieri e di perorare la linea sulla Valle del Tirso.
Così si espresse sulla vicenda il primo cittadino ozierese, in risposta a un intervento pro Chilivani fatto su un giornale dall’influente direttore della rete ferroviaria della Sardegna ing. Benjamin Piercy: «… la ferrovia non si fa né per Sassari né per Cagliari, e quindi l’inconveniente di percorrere 37 chilometri in più da Cagliari a Sassari e viceversa, non può essere seriamente valutato. È vero che Sassari e Cagliari sono i maggiori centri di popolazione e di consumo: ma non a questi soli conviene volgere lo sguardo, è necessario avere anche di mira i più piccoli centri in cui si trovano gli elementi e le fonti di produzione. E di produzione abbiamo noi bisogno. La ferrovia in Sardegna è un’opera di rigenerazione, è il fiat che dal caos fa nascere la realtà, è la luce che dissipa le tenebre. Di rigenerazione, di realtà, e di luce vi ha appunto maggior bisogno nella parte centrale dell’isola. Da taluni si abbraccia la teoria, che il centro delle isole consista nella periferia, e che perciò nelle isole si debbano avvantaggiare le popolazioni marittime. Io non ammetto questa teoria, a meno che non si tratti di isole scogli. In questo solo caso bisogna chiedere tutto al mare. Ma questo non può dirsi della Sardegna. L’isola nostra per la sua estensione, per la fertilità dei suoi terreni, per le sue foreste un tempo assai più rigogliose, ma ancora non dispregievoli, per le sue miniere, deve essere studiata e curata nelle parti centrali. L’isola nostra deve giungere al grado di paese eminentemente agricolo. A questo l’ha destinata la natura, e l’uomo non deve contraddirvi. Quindi la ferrovia, che percorresse il Tirso, ossia la parte centrale dell’isola, assai meglio raggiungerebbe lo scopo».
Di tutto questo, ahinoi, non si fece un granché se non l’ultimazione nel 1880 della stazione di Chilivani e la costruzione di una ferrovia secondaria a scartamento ridotto che collegò Chilivani con il centro di Ozieri e il Goceano fino alla linea Nuoro-Bosa. Il primo tratto di 9 chilometri, tra Chilivani e Ozieri, ebbe inizio nel 1889 e fu reso attivo a partire dal 10 febbraio 1891, mentre l’intera linea fino allo scalo di Tirso fu inaugurata il 1 aprile 1893. Per poi essere dismessa definitivamente nel 1969 e rimpiazzata da un collegamento con gli autobus.
Ritornando ai giorni nostri, non meno deleterio è stato il declassamento subito dalla stazione nel 2006, dopo la seconda storica variante, allorquando, per risparmiare poche centinaia di metri, ha fatto sì che non sia più necessario il transito nello scalo e l’inversione per poter entrare nella diramazione sassarese della Cagliari-Golfo Aranci. Ciò nonostante solo pochi treni (in particolare i regionali veloci Cagliari-Sassari) usufruiscono della bretella che taglia fuori la stazione. Una decisione, quest’ultima, ancora inspiegabile che ha decretato di fatto la morte della stazione di Ozieri-Chilivani e tutte le prospettive di sviluppo in essa riposte.
Antonello Sabattino