Aborto dopo visita negata a Sassari: “assolti” i medici… ma non la burocrazia
Chiesta l’archiviazione da parte della Procura di Sassari dell’inchiesta prodotta dalla denuncia presentata da Alessia Nappi, la ragazza sassarese di 25 anni che, alla quinta settimana di gravidanza – secondo quanto da lei stessa raccontato –, ha avuto un aborto spontaneo lo scorso 8 gennaio, dopo essere stata respinta al pronto soccorso ostetrico ginecologico dell’Aou di Sassari perché priva dell’esito di un tampone e nonostante manifestasse forti dolori all’addome e perdite ematiche.
Infatti, la giovane ha dichiarato di non essere stata visitata da un medico, di aver aspettato per diversi minuti in sala d’attesa e di essere stata rimandata a casa con il consiglio di assumere una Tachipirina e di stare a riposo. Appena seduta in auto però la donna pare abbia avuto altre perdite di sangue e, rientrata a casa, si è resa conto di aver abortito. Da lì la decisione di affidare il caso ad un avvocato e denunciare l’accaduto.
Le indagini, pertanto, effettuate dalla Procura in collaborazione con i Carabinieri del Nas di Sassari non hanno rilevato responsabilità da parte dei sanitari. Dal risultato della consulenza tecnica si è accertato che la ragazza era in uno stato di gravidanza iniziale «e che per un ipotizzabile difetto di sviluppo dell’embrione non si è completato l’annidamento dello stesso nell’endometrio».
Si è, dunque, trattato di una «gravidanza biochimica». Non, quindi, una «gravidanza in senso clinico, che si ha quando l’embrione raggiunge la visibilità ecografica e quindi rilevabile al relativo controllo». Tirando le somme, il consulente tecnico ha confermato la correttezza delle prescrizioni da parte del personale sanitario, ritenendo «non indispensabile né indifferibile la visita clinica».
Intanto dalla Procura è stato aperto un fascicolo contro ignoti dopo le gravi offese ricevute telefonicamente dai sanitari.
Lascia davvero l’amaro in bocca la storia di Alessia. Un profondo senso di vuoto e smarrimento, che non può non farci riflettere su come siano cambiati negli ultimi tempi i rapporti umani, pesantemente condizionati dalla pandemia e dai suoi effetti normativi. La burocrazia ha infatti spazzato via il buonsenso e l’empatia, riducendo le relazioni interpersonali a un arido confronto dove le regole del vivere comune vengono applicate seguendo l’automatismo degli algoritmi e dei QR Code.
Quello che spicca in tutta la vicenda, a prescindere da tutto, è il clima di freddezza che traspare dal racconto, dove forse non si è capito fino in fondo lo stato d’animo di questa ragazza, di una donna che in quel momento temeva di perdere la cosa più importante della sua vita. Colpevole, forse, di essersi presentata in ospedale preoccupata per la sua salute e dell’essere che stava iniziando a crescere dentro di lei.
In una sanità normale e non impaurita dal virus probabilmente sarebbe stato risolto con una semplice e opportuna visita medica, che non avrebbe cambiato le sorti della gravidanza, ma sicuramente avrebbe indirizzato questa triste storia su altre strade, su percorsi più consoni all’essere umano. Pur rispettando, come giusto che sia, la valutazione della Procura, che non ha riscontrato alcuna responsabilità nell’operato dei sanitari, resta il fatto che la burocrazia ha contribuito a rendere complicata una situazione che in altri tempi sarebbe stata affrontata senza alcun problema.
Nella foto: ingresso della clinica ginecologica di Sassari
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