Quando eravamo re
Luigi Aini, il peso piuma col pugno da peso medio, chiunque se lo sia trovato sulla sua strada ha avuto brutte gatte da pelare e non credo lo abbia scordato con facilità. Di sicuro non lo ha scordato Marongiu. Cresciuto pugilisticamente alla corte del grandissimo maestro mai dimenticato Mario Muretti, Academia Boxe Torres, ma adottato dalla Nughedu boxe dove si allenava e per la quale ha combattuto sul ring epiche battaglie.Durante una delle tante incursioni nella sua palestra, dove mi recavo con i miei ragazzi per “fare guanti” ed avere quindi un confronto continuo con altre realtà, il signor Mario mi disse: devi allenare Aini nella tua palestra perché quel somaro si è ritirato dall’università ed ha difficoltà per venire a Sassari. Come avrei potuto dire di no al signor Mario? Da lui ho imparato così tante cose ed attinto così tanta esperienza che per raccontarla tutta non basterebbe un libro. Ed è così che Luigi prese a frequentare la mia palestra ed a seguire con pazienza i miei modesti insegnamenti. Da subito ha portato in dote un ventata di allegria, simpatia, educazione e perché no, follia geniale che unita alle qualità in dote agli altri ragazzi, contribuì a rendere unici e mitici quegli anni. Da subito mi accorsi delle qualità di questo ragazzo (adesso uomo e padre di famiglia): potenza straordinaria, velocità, imprevedibilità, perseveranza, testardaggine e coraggio da vendere.Quel fine settimana ci chiamarono in trasferta nel campidano per un interregionale e Luigi avrebbe dovuto affrontare tal Marongiu, recente campione italiano terza serie. Conoscendo Marongiu e la sua bravura, nonché l’esperienza superiore a quella di Luigi, diedi la disponibilità all’incontro ma con l’accordo che Marongiu avrebbe dovuto contenere la sua azione ed accontentarsi di un pareggio o di una vittoria ai punti.Arrivati sul posto ed esperite le formalità pre gara, rassicurato ancora una volta sulla “tranquillità” del confronto, l’incontro ebbe inizio.”Boxe” ordinò l’arbitro ed i colpi iniziarono ad incrociarsi: diretti, ganci montanti, schivate, rientri, finte, tutto molto bello e fluido. Sembrava che tutto stesse andando come da accordi. Poi la svolta, il coach di Marongiu iniziò ad incitarlo ad attaccare con più cattiveria e convinzione: carica il destro, incrocia col sinistro, vai col gancio, bociddu (o qualcosa del genere e non credo significhi accarezzalo). Frastornato dal cambio improvviso di ritmo e dai colpi caricati, Luigi subì due conteggi.Ero lì lì per gettare la spugna ma valutai che comunque sarebbe riuscito a finire la ripresa anche perché ero consapevole della sua tenuta atletica. Finalmente il gong. Rientrato all’angolo stremato si lasciò cadere di peso sullo sgabello. Durante le solite manovre di rito gli dissi: Luigi questo stronzo ti sta massacrando, hanno tradito gli accordi, non dobbiamo dimostrare niente a nessuno. Appena inizia la ripresa alza la mano e scendi, non devi subire una simile umiliazione. Improvvisamente la sua espressione cambiò, mi guardò severo e disse: sono qui per combattere e sapevo a cosa sarei potuto andare incontro, io vado sino in fondo, vada come vada non mi interessa e non fermarmi tu perché altrimenti smetto di fare boxe.Come avrei potuto, davanti a cotanta risolutezza, fermarlo? Con la morte nel cuore risposi: ok continua ma almeno fagli vedere chi sei e cosa vali. “È la seconda ripresa”, annunciò lo speaker. “Boxe” urlò l’arbitro. Marongiu balzò in avanti col ghigno tracotante di chi ha la vittoria in tasca e vuole finire l’avversario per umiliarlo. Subito una combinazione di velocissimi colpi che spedirono Luigi alle corde. Sembrava ciondolante ed impotente davanti alla superiorità dell’avversario. Tutto era perso, l’incontro stava per finire e non certo bene per lui. Stava per finire nel peggiore dei modi, la stanza del buio si stava spalancando e Luigi si accingeva ad entrarvi. Marongiu avanzó con piglio sicuro e spavaldo verso di lui, lo sguardo cattivo e irridente, le mani basse e i pugni pronti a scattare per abbattere l’avversario appoggiato quasi inerme sulle corde. Era sicuro di sé e con la volontà di porre fine all’incontro con un facile KO. Improvvisamente sentii un colpo secco, un rumore che mi fece rabbrividire, come di ossa che si frantumano. Non capii bene la situazione, non riuscivo a realizzare cosa stesse accadendo, improvvisamente mi sembrava di essere sul set di Roky, ma fu solo un attimo di intensa, drammatica confusione mentale. La realtà che avevo davanti agli occhi mi restituì un Marongiu che aprì le braccia come stesse sulla croce e cadde a peso morto all’indietro. Su quel ring, in quel preciso momento, era accaduto l’incredibile, l’impossibile: con un’impennata di immenso orgoglio, Luigi lo aveva incrociato col diretto destro. E potete scommetterci camicia e pantaloni, mutande comprese, quello che si abbatté sull’avversario non fu un pugno ma il calcio di un mulo arrabbiato e imbizzarrito. Il povero Marongiu non ebbe neanche il tempo di sorprendersi o meravigliarsi e manco il tempo di dire mamma. Cadde senza più sensi sul tappeto, senza un lamento e lì rimase privo di sensi per angoscianti minuti. Da subito sembrò un dramma, il medico balzò su ring, gli tolse a fatica il paradenti serrato tra le ganasce irrigidite e fece gesti concitati ai barellieri. Subito la maschera dell’ossigeno e l’ambulanza liberò il latrare straziante delle sirene e si lanciò in una folle corsa verso il pronto soccorso.Ecco, questo era quel mucchio di ossa scarne e nervi d’acciaio di nome Luigi Aini, da quel giorno passato alle cronache come “quello che ha fatto cambiare mestiere a Marongiu”. Per fortuna tutto si risolse per il meglio ed il buon Dio ascoltò le mie accorate e disperate preghiere e restituì sano e salvo quel ragazzo ai suoi cari.
Enrico Fenu