A Chilivani si cambia? Sì, l’origine del nome!
La notizia del trasferimento a Chilivani (nell’ex istituto Enaip) della sede del Consorzio di Bonifica del Nord Sardegna ci dà l’occasione di parlare, seppur in chiave storica, della frazione. Il titolo di questo contributo scritto da Cristiano Becciu «A Chilivani si cambia?», lo vogliamo interpretare come segno di buon auspicio, di cambiamento e di rivitalizzazione della comunità di Chilivani.
Un famoso detto latino dice “amicus Plato, sed magis amica veritas”, ovvero: “Platone è un amico, ma la verità mi è più amica”. Quando si ricerca la verità linguistica, bisogna abbandonare ogni tesi “amica” anche se affascinante, semplicistica, spesso nascosta dietro un luogo comune o, peggio, una storiellina ammiccante ed esotica magari imparata alle elementari. Una di queste è la “paristòria” in base alla quale l’origine del nome Chilivani sarebbe, nientepopodimeno, indiana. Andiamo con ordine. L’insediamento umano di Chilivani, inteso come agglomerato di case intorno alla stazione, è sorto durante la costruzione della linea ferroviaria, nella seconda metà dell’800, da parte della Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde con a capo l’ingegnere gallese Benjamin Piercy. Fu lui a costruire lo scalo nel territorio di Ozieri, collocando uno snodo fondamentale nella linea ferroviaria che, proveniente da Cagliari, si diramava ad ovest per Porto Torres ed a est per Golfo Aranci. Si ricalcava, su strada ferrata, il percorso viario ad Y che avevano già utilizzato i romani: a Karalibus-Turrem (più o meno la 131) e a Kalaribus-Olbiae. Ebbene, secondo una notissima leggenda, Piercy diede il nome della stazione e della borgata che vi sorse, a ricordo di una sua amante indiana, tale Kilivan, conosciuta durante un soggiorno in India. Che l’ingegnere avesse una concubina è un fatto assai verosimile, ma è da verificare che in suo onore abbia battezzato la frazione di Ozieri, sotterrando addirittura nelle fondamenta le perle appartenenti alla presunta principessa. Nel 1930, ovvero una cinquantina di anni dopo la costruzione della stazione di Chilivani, il medico Pietro Luridiana pubblicava a Cagliari il suo romanzo “Satyagraha”, con protagonista un’eroina di nome Kilivan: si alimentò così la leggenda sul nome indiano di Chilivani. Per smentire tale etimologia, ad un osservatore attento sarebbe bastata comunque una semplice constatazione, o meglio una domanda: Chilivani, prima della costruzione della ferrovia, come si chiamava? Qualche storico e filologo sardo ha pensato addirittura di vedere citato il nome di Chilivani in un passo del Condaghe di S. Maria di Bonarcado, un documento storico sardo del XII /XIII sec. che menziona un luogo chiamato “Cellevane”. In realtà, nel condaghe si parla di territori di quello che fu il giudicato di Arborea, quindi troppo a sud rispetto a Chilivani. Infatti Cellevane non è altro che l’odierno centro di Zeddiani, come correttamente dimostrato. Il merito di aver fatto luce sul dilemma linguistico è da attribuire a Don Amadu: nell’archivio diocesano di Ozieri, in un documento del 1643, dove si parla delle decime spettanti al vescovo di Alghero, lo studioso si è imbattuto in “su saltu de Quilivane”. Si parla dell’agro di Ozieri e quindi Quilivane, sia perché attinente geograficamente, sia perché plausibile linguisticamente, è la prima attestazione storica di Chilivani, circa 200 anni prima della costruzione della ferrovia, con buona pace della inesistente principessa Kilivan. Quanto a saltu, nel senso di “pianura o bosco incolto”, che ancora oggi troviamo in lingua sarda nella forma “sartu” (ormai scomparso a Ozieri), deriva dal latino SALTU(M), a sua volta da SALTARE, per via dei saltelli che uno era costretto a fare per scansare le rocce e altre asperità presenti nel terreno.
Cristiano Becciu
La foto: cartolina fatta stampare da Paolino Cugnolu titolare del Caffè ristorante della Stazione. Spedita da Chilivani a Bono il 10 ottobre 1906