• 23 Novembre 2024
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Suppletive del Senato: intervista a Carlo Doria, candidato del Centrodestra

Carlo Doria

Il prossimo 20 e 21 settembre tutto il Nord Sardegna – più 14 comuni del nuorese – sarà chiamato alle urne per scegliere il nuovo rappresentante territoriale da inviare al Senato, posto rimasto vacante in seguito alla morte, il 17 marzo scorso, della senatrice Vittoria Bogo Deledda, eletta tra le fila del Movimento 5 Stelle. Dunque, un voto importante, non solo per la Sardegna, ma anche per il Governo Conte visti i numeri risicati in Senato.
Quattro i candidati: Carlo Doria per la Coalizione Centrodestra (Lega, Fratelli D’Italia, Forza Italia, PSd’Az, Riformatori, Sardegna20Venti, Udc Cambiamo); Lorenzo Corda per il Centrosinistra (Pd e M5S); Agostinangelo Marras per Italia Viva e Italia in Comune; Gian Mario Salis per il Partito Socialista Italiano.

«La Sardegna non ha né il colore rosso della sinistra, né quello bianco del centro o azzurro della destra. Chi va a Roma deve avere la consapevolezza che sta andando per fare il bene della Sardegna, non del partito».
Queste le prime parole di Carlo Doria, stimato ortopedico e docente universitario sassarese di 54 anni, che Logudorolive ha intervistato per carpire le idee e i progetti che l’esponente di Centrodestra intende portare avanti a Palazzo Madama per il Nord Sardegna e in particolare per Ozieri e il suo territorio.
«Il Logudoro – spiega subito Doria – ha delle caratteristiche importanti e di tradizione, qui c’è il cuore della Sardegna. Questo territorio però, come del resto tutta l’Isola, vive un’arretratezza infrastrutturale che va affrontata e risolta, basti pensare al pessimo stato in cui versa il sistema ferroviario e la rete stradale. C’è bisogno infatti di un intervento teso al potenziamento del trasporto su rotaia, in modo tale da velocizzare e alleggerire il traffico nelle arterie stradali più importanti dell’Isola, la 131 in particolare».

Le zone interne si stanno spopolando, che cosa occorre fare per invertire la rotta?
«Lo spopolamento dei paesi dell’interno è in parte legato al calo demografico. Condizione questa che in gran parte deriva dal fatto che i giovani hanno paura di mettere al mondo dei figli per mancanza di prospettive e di un reddito adeguato, oppure sono costretti ad emigrare. Ma non solo. L’altro problema è segnato dalla scarsa presenza di strumenti che incentivino la creazione di nuove imprese, per far questo però servono nuove e più immediate risorse economiche da mettere in campo per sfruttare al meglio le ricchezze e le vocazioni territoriali. È anche necessario contrastare il più possibile il fenomeno dilagante della precarizzazione del lavoro a partire dai settori pubblici (scuola, sanità ecc.) dove l’eccessivo ricorso all’esternalizzazione dei servizi ha ricadute negative sui lavoratori i quali, in mancanza di alternative adeguate, sono talvolta costretti ad accettare inquadramenti contrattuali demansionanti rispetto ai compiti effettivamente svolti.
Il Logudoro, territorio a vocazione agricola, zootecnica e artigianale, dovrebbe puntare a una riqualificazione e rivitalizzazione dei settori trainanti per l’economia, nell’ambito di un più ampio progetto di politica economica regionale, che per realizzarsi necessita di essere supportato anche in sede nazionale e comunitaria. In questa prospettiva è necessario ad esempio valorizzare l’ippodromo di Chilivani e tutto quello che ruota intorno al mondo del cavallo».

Quindi, lei crede che occorra puntare sulle peculiarità del territorio?
«Certo! La Sardegna non può pensare di alimentare la propria economia producendo buste di plastica o raffinando petrolio. La Sardegna per crescere e svilupparsi deve far ricorso alla sua natura incontaminata, alla sua cultura millenaria, al suo patrimonio storico, artistico e culturale e puntare sulla qualità dei prodotti dell’agroalimentare».

Nei mesi scorsi i pastori sardi hanno protestato vivamente per il prezzo del latte troppo basso. Dove occorre intervenire, secondo lei, per garantire un prezzo adeguato al produttore?
«Credo sia giusto, quando serve, aiutare tutto il comparto con incentivi e iniziative di sostegno, ma questa non può essere la normalità, la consuetudine. Bisogna infatti far leva sull’innovazione e sulla varietà dei prodotti. E non limitarsi, come avviene ora, alla produzione del pecorino romano ¬– prodotto di qualità che ha origini millenarie – ma puntando alla differenziazione dell’offerta. Servono nuovi prodotti caseari da affiancare a quelli esistenti e da immettere nel mercato mondiale, diversificando l’offerta che, sottolineo ancora, non può essere univoca e relegata a un solo prodotto. Solo così si potrà garantire un prezzo equo ai pastori e una maggior redditività nel comparto della produzione e trasformazione delle materie prime con ricadute positive in termini di occupazione e di tutto ciò che ne consegue».

Parliamo infine di sanità e dell’ospedale di Ozieri in particolare.
«Il “Segni”, così come altri presidi dell’Isola, deve trovare la giusta collocazione nel quadro di quella che amo definire “diversificazione” dell’offerta sanitaria. Non è pensabile infatti che i diversi ospedali dell’Isola possano garantire allo stesso modo e con la stessa qualità tutti i servizi. A mio avviso la strada da percorrere è quella della cooperazione e dell’integrazione tra le diverse strutture presenti, sia in ambito territoriale che regionale. In altre parole, una rete sanitaria capace di soddisfare e dare risposte a tutti i sardi garantendo assistenza, qualità e prontezza d’intervento in tutti i territori della Regione, anche quelli più isolati.
Sull’ospedale di Ozieri credo infine sia un’idea realizzabile, vista la presenza di un’ottima unità di Neurologia, la creazione di una struttura pubblica di neuroriabilitazione che assurga a punto di riferimento per tutto il Nord Sardegna. Questo si può fare, serve solo consapevolezza, determinazione e impegno politico affinché l’impensato diventi realtà».

Antonello Sabattino | © Riproduzione riservata

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