• 23 Novembre 2024
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Libro. Il Sessantotto “anno discrimante” per la Chiesa e la società

Eskimo

Il titolo del volume è ambizioso in quanto intende ricordare l’anno di ordinazione di trentatre presbiteri sardi e, nel contempo, i fermenti sociali, politici, culturali ed ecclesiali che hanno caratterizzato il “Sessantotto” (anno “descriminante”, secondo Maria Antonietta Mongiu, da paragonare quasi alla Rivoluzione Francesse o all’Unità d’Italia). Due motivi, entrambi significativi, stanno alla base della pubblicazione: la conclusione di un iter di studi classici, filosofici e teologici espletati negli anni del Concilio Vaticano II e la contestazione giovanile con l’affermazione di valori che mettevano in discussione la precedente visione di vita. Il testo si articola in due parti: una ricostruzione del quadro storico sociale, culturale, ecclesiale; una memoria biografica ed esperienziale dei “preti sessantottini” isolani, di cui undici, al 2020, scomparsi. Chiude il volume l’interessante descrizione di un’esperienza innovativa della Chiesa cagliaritana, a cura di Pierpaolo Loi. Il quadro storico redatto da Angelo Ledda ricrea il contesto all’interno del quale situare gli avvenimenti partendo dal Concilio di Trento fino al Vaticano II, al Sessantotto e ai giorni nostri. La sensibilità dell’autore verso una Chiesa reformanda in capite et in membris lo spinge a evidenziare i fermenti positivi che hanno preparato il terreno del Concilio, definito “novità di dimensione epocale” (p. 15). La rivoluzione portata da tale evento si manifestò in una rinnovata ecclesiologia volta a superare definitivamente il sistema di cristianità e puntare sul tema del dialogo con il mondo contemporaneo, l’aggiornamento nei diversi settori, la collegialità, l’ecumenismo, la libertà religiosa, la valorizzazione del laicato e della donna, la promozione della giustizia e della pace. La recezione di queste tematiche fu lenta e travagliata. Ledda parla di interdipendenza tra Concilio e fermenti del Sessantotto (p. 41): sono molti gli autori che intravvedono nelle istanze conciliari un ribaltamento/rinnovamento che gettò le basi per ulteriori conquiste sociali e culturali. L’autore, esaminando più dettagliatamente il mondo cattolico, sottolinea le novità portate dal pensiero di Primo Mazzolari, Lorenzo Milani, Oscar Arnulfo Romero, Carlo Maria Martini con il graduale affermarsi di un cristianesimo più consapevole; evidenzia, nel contempo, anche le questioni critiche: il dibattito intorno all’enciclica Humanae vitae, la liberalizzazione sessuale, il travaglio delle lotte operaie e il terrorismo. L’excursus storico viene concluso con una nota di speranza: nonostante le tante problematiche che hanno deformato il volto genuino del messaggio evangelico, grazie alle aperture del Concilio Vaticano II e a Papa Francesco, “il cammino in avanti riprende” (p. 101). Nella seconda parte vengono raccolte trentatre schede, eterogenee per metodo e contenuto, in cui i presbiteri “sessantottini” ripercorrono la loro esperienza di vita in situazioni e contesti non sempre facili. Undici di loro sono morti, cinque hanno abbandonato il ministero pastorale, i restanti sono impegnati in attività pastorali diverse. Gli scritti di coloro che sono ancora in forze partono da ottiche e sensibilità diverse, evidenziano i numerosi problemi che hanno attraversato la loro esistenza. Qui sta la ricchezza del volume: costituisce un’interessante fotografia fatta attraverso il metodo del flah backsui cinquantadue anni di esperienze differenti e integrative. La diversità, infatti, esprime ricchezza e complementarietà. Si potrebbero individuare tre tipologie o filoni di considerazioni: i pastori strettamente legati alla dinamica della parrocchia, gli inquieti per i molteplici stimoli provenienti dai movimenti del Sessantotto, coloro che hanno lasciato il ministero, spesso con non poco travaglio interiore. Ogni tipologia meriterebbe adeguato approfondimento: la ristrettezza di spazio, purtroppo, non lo consente. Fra tutti trovo ricchi di spunti di riflessione i contributi di Cannavera, Ledda, Pischedda, Rescaldani. Nonostante i noti limiti della formazione cuglieritana, i trentatre sacerdoti ordinati nel 1968 hanno recepito la rinnovata ecclesiologia conciliare, le problematiche emergenti del vasto fenomeno del Sessantotto, le inquietudini proposte da diverse figure carismatiche e profetiche vissute prima e dopo il Concilio. Una costante è presente in tutto il volume, una sorta di fil rouge, che amalgama tutte le esperienze: esistono tipologie diverse di risposta alla “vocazione”, ognuna di esse maturata attraverso un iter carico di difficoltà e in situazioni spesso non ideali, per la carenza di dialogo e di comprensione da parte dei rispettivi vescovi; pur nella diversità di risposte, in tutti è fortemente sentito il bisogno di servire la Chiesa, la società, anche attraverso sensibilità nuove rispetto alla visione classica. E’ un libro di storia vissuta, che offre molti stimoli di riflessione: esso, nonostante la sottolineatura a più riprese dei limiti di uomini di Chiesa, apre alla speranza per continuare a servire “gli ultimi” sull’esempio di papa Francesco (p. 115). Bene ha scritto nella Prefazione M. A. Mongiu analizzare l’opera dei preti isolani vuol dire “leggere luci ed ombre della Sardegna di oggi”. Dobbiamo essere grati ad Angelo Ledda che ha fortemente voluto questa pubblicazione. L’auspicio è che il suo metodo possa essere imitato da altri: la memoria del passato può essere di stimolo per una serena comprensione del presente e per orientare il futuro.

Tonino Cabizzosu

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