Monti, gli alunni del Comprensivo alla scoperta del pane di una volta
MONTI. Gli alunni della terza elementare dell’Istituto Comprensivo di Monti, grazie a un progetto finanziato dalla Fondazione di Sardegna (comparto scuola-associazioni), “Sapori e saperi della Gallura e Logudoro: attività didattico laboratoriali e digitali di recupero, anno scolastico 2021/2022”, hanno scoperto il meraviglioso mondo del pane, come si produceva una volta in paese.
Nella cultura sarda, il pane non è stato soltanto un alimento, come in tutti i popoli mediterranei, ma assumeva un importantissimo significato simbolico. La diversità tra i tipi di pane consisteva non solo negli ingredienti, ma anche in base al ceto sociale a cui era destinato e alle cerimonie per le quali veniva preparato.
In Sardegna si distinguevano tre tipi fondamentali di pane prodotti che variavano e variano da zona e zona: pani piatti, circolari e flessibili, croccanti e sottilissimi (Carasau), tipici dell’area settentrionali della Sardegna, il pane Civraxiu, invece, per il Sud dell’Isola.
Tramandare alle nuove generazioni usi, costumi, modi delle più svariate tipologie e tecniche produttive nella preparazione del pane, come facevano i nostri avi, è un viaggio a ritroso culturalmente significativo.
Il progetto pane è stato portato avanti dalla scuola elementare con le insegnanti Gervasia Pes, Agnese Sanna e Valentina Zintu, con il supporto dell’esperta Pierina Chessa dell’Associazione culturale Erèntzia. Quest’ultima, dinanzi a una classe attenta – una ventina di alunni preparati e coinvolti nell’iniziativa – ha illustrato, con un tavolo imbandito di pane appena sfornato, tutto il processo della panificazione. Narrando come in passato le donne di casa, a volte aiutate da quelle “de su ighinadu”, si svegliassero all’alba e predisposti gli ingredienti iniziassero la preparazione, usando il lievito-madre, “sa madrighe”, fondamentale per passare successivamente ad impastare, spezzare l’impasto, modellare i pani. Ed infine, dopo la lievitazione, attendevano alla cottura. Operazione questa che avveniva in casa, chi possedeva il forno, o in quello pubblico del paese, dove le donne lo portavano all’interno un grande canestro (Colvula) sopra la testa, appoggiato su un cercine (tidile) per tenerlo in equilibrio e alleviare il peso. Certe famiglie benestanti, apponevano il marchio per distinguerlo, quando andavano a riprenderselo. Dopo la spiegazione, un fuoco di fila di domande, a conferma dell’interesse suscitato e della validità del progetto.
Giuseppe Mattioli
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