Nuovo Codice degli appalti, per i piccoli comuni sardi a rischio i lavori sopra i 500mila euro
Gli ingegneri auspicano correttivi alle norme a livello nazionale, specie sui requisiti professionali di accesso alle gare, ma anche a livello locale è necessario agire al più presto. Miscali (presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Cagliari): «La Regione deve supportare gli enti più piccoli, che sono la maggioranza, e promuovere accordi di committenza».
Se mettiamo assieme i comuni sotto i 10mila abitanti e gli enti più piccoli siamo oltre 80% della realtà isolana. Sono amministrazioni pubbliche dotate di uffici tecnici di dimensioni non adeguate, nell’immediato, ad affrontare da sole il processo di qualificazione previsto dall’art. 63 del nuovo Codice degli appalti.
La procedura di qualifica necessaria per gestire direttamente appalti al di sopra dei 500mila euro o servizi e forniture sopra i 140mila, infatti, richiede il possesso di numerosi requisiti, tra i quali avere un ufficio o struttura stabilmente dedicata alla progettazione e agli affidamenti di lavori, oltre che la disponibilità di piattaforme di approvvigionamento digitale.
«La buona notizia è che, nonostante il termine fosse fissato al 1° luglio, la qualificazione per le stazioni appaltanti rimane sempre aperta, consentendo a qualsiasi comune di accedere al sito dell’ANAC per avviare il processo o ottenere una deroga a tempo», spiega il presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Cagliari Federico Miscali.
«La cattiva – prosegue – è che in Sardegna la maggior parte delle amministrazioni pubbliche è di piccole dimensioni e non dispone della struttura per funzionare come stazione appaltante qualificata. Il nuovo Codice, dal 1° luglio, prevede l’iscrizione, con riserva, all’elenco delle stazioni appaltanti qualificate: le Unione dei Comuni, le Province, le Città Metropolitane, i comuni capoluogo di provincia e di regione, oltre che i Provveditorati alle OO.PP., Invitalia, Agenzia del demanio ed altre Agenzie. Questo, date le soglie individuate dal nuovo Codice, può creare grosse difficoltà nel breve periodo, specie in relazione agli ingenti finanziamenti previsti dal PNRR».
Esiste, per le amministrazioni, la possibilità di esternalizzare il processo di gara, affidandolo a Stazioni appaltanti qualificate (altre amministrazioni o Enti pubblici economici), anche esterne al “Sistema Regione” o con sede fuori Sardegna. Questa soluzione porta con sé ovvie ripercussioni negative per il tessuto produttivo isolano.
Non si tratta tuttavia di una soluzione, in quanto le Stazioni Appaltanti qualificate, già sature per le proprie procedure, non saranno sempre in grado di soddisfare le esigenze, immediate e non solo, di tutte le medie e piccole Amministrazioni che hanno difficoltà a qualificarsi.
Per il presidente Miscali serve dunque che «la Regione faccia un passo avanti e, almeno in questo primo periodo di transizione, o finché non saranno individuati correttivi alle norme nazionali, provveda a promuovere incontri tra le Stazioni Appaltanti Qualificate, le Centrali di Committenza e i Soggetti Aggregatori, presenti nel territorio sardo. L’obiettivo è promuovere accordi di committenza ausiliaria per supportare gli Enti non più in grado di avviare procedure di affidamento di lavori e servizi. Allo stesso tempo è necessario rafforzare con nuove assunzioni gli organici degli uffici tecnici a tutti i livelli, dal momento che i colleghi delle Amministrazioni si trovano a operare sempre in condizioni di emergenza, ma anche offrire ai dipendenti condizioni lavorative equiparabili a quelle offerte nel privato in modo da evitare la loro fuoriuscita e dotare gli uffici degli strumenti necessari alla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti».
Altra significativa criticità è legata agli appalti con metodologia digitale BIM (Building Information Modeling), che richiedono la presenza di un BIM manager ed un ACDat manager all’interno delle compagini delle Stazioni Appaltanti, figure oggi non presenti all’interno degli organici, così come è peraltro carente negli uffici la necessaria dotazione hardware e software altamente tecnologica che la norma richiederebbe.
La questione della partecipazione dei professionisti alle gare. Dal primo luglio è inoltre entrata in vigore la norma che determinerà l’esclusione dalle procedure di affidamento di buona parte degli operatori economici, professionisti in testa, a causa della riduzione da dieci a soli tre anni dell’orizzonte temporale per il possesso dei requisiti professionali qualificanti. Se a livello nazionale, sulla base dei calcoli del CNI, con questa nuova regola, i professionisti oggi sarebbero tagliati fuori dal 90% delle procedure alle quali col vecchio requisito dei dieci anni hanno partecipato, la situazione a livello Regionale rischia di essere ancora più problematica.
«Assieme al Consiglio Nazionale stiamo spingendo per ottenere un correttivo per questa previsione normativa – conclude Miscali – l’obiettivo è in primo luogo tutelare i colleghi, ma anche garantire la concorrenza nella partecipazione alle gare pubbliche».
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