Frode fiscale, GdF di Cagliari sequestra beni per 2,5 milioni di euro a società cinese
Scoperto dai Finanzieri un vorticoso giro di fatture false.
CAGLIARI | 5 giugno 2024. Il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cagliari, su ordine del Gip del Tribunale locale, ha eseguito un sequestro preventivo di oltre 2,5 milioni di euro – 3 conti correnti e 4 automobili – nei confronti di una società di proprietà di una famiglia di imprenditori cinesi operante nel settore del commercio all’ingrosso di articoli vari a Cagliari.
L’indagine, scaturita da una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza tra il 2022 e il 2023, ha fatto emergere l’ipotesi che la società «fosse organica a un’imponente “frode carosello” e avesse utilizzato sistematicamente fatture per operazioni oggettivamente inesistenti che le avrebbero consentito di abbattere la base imponibile da sottoporre a tassazione per oltre 3,7 milioni di euro e di non versare l’IVA per più di 815.000 euro».
Il meccanismo fraudolento, secondo l’ipotesi investigativa, prevedeva l’utilizzo di un unico “format” di documento fiscale unico per tutti i fornitori fittizi, per poi essere intestato a una società inesistente o non operativa. I beni oggetto di compravendita venivano descritti in modo generico, senza specificare codici prodotto o tipologie. Non vi era poi alcuna indicazione in fattura dell’esistenza di un collegato documento di trasporto (che nella maggioranza dei casi non avveniva) e l’importo veniva quietanzato con “pagamento in contanti”. Questo sistema sarebbe stato replicato decine di volte tra il 2016 e il 2021, includendo anche fatture per centinaia di migliaia di euro emesse da aziende già cessate.
Le indagini, delegate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari e condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, hanno permesso di ricostruire quel che si ritiene un vorticoso giro di fatturazioni false per oltre 315 milioni di euro. Documenti emessi da diciannove società “cartiere” con fittizie sedi sparse in diverse regioni italiane e rappresentate da prestanome cinesi. Queste società, tra cui quella cagliaritana, sarebbero quindi riuscite a portare in Italia enormi quantitativi di merce in evasione di IVA e dazi, sfruttando anche in modo indebito specifici regimi doganali di importazione dei prodotti nel territorio dell’Unione Europea.
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