“Bachis e Nina”, il romanzo di Maria Antonietta Mula
Narrazione potente e coinvolgente che salva le memorie di una rappresentativa comunità sarda, identificabile con Orune; il paese natio “di granito e vento” della scrittrice, a cui l’opera è idealmente dedicata, è esplorato in sofferenze, valori, disillusioni e nei tempi sociali che maturano trasformazioni e mutazioni.
Il narrare è uno specchio su cui riflettere la fantasia creativa, le speranze e delineare, mediato ed elaborato, tutto il personale pensare ed essere, celebrando il patrimonio acquisito in cultura e con l’oralità identitaria. E l’intelletto si ricompone in parole scritte, destinate a definire un orizzonte di emozioni che annullano distanze e tempo per splendere in esperienze e vita.
Proprio mediante un percorso di esperienze e di crescita scorre tutto il narrare di Maria Antonietta Mula, autrice del romanzo Bachis e Nina (Tipografia La Bittese sas Bitti, 2023). I due adolescenti protagonisti, tramite i loro reciprochi puntuali diari e confrontante dialogare, testimoniano la vita della società sarda, area interna dell’Isola, degli anni Settanta.
Il linguaggio stesso dei giovani, in fase evolutiva e nell’arricchimento culturale degli studi liceali, riflette e rispecchia il rappresentativo sviluppo sociale e comunitario locale alla ricerca di un prospettico progresso futuro. Dunque una letteratura narrativa, quella proposta dalla Mula, su cui costruire ponti, destini vitali e durevoli. Ma la maturità porta i due giovani ad operare delle scelte, seguire nuove strade di vita e abbandonare il paese d’origine.
Si ritroveranno “sul web quarant’anni dopo mentre il mondo è sotto la morsa pandemica del 2020”. Con il rincontrarsi, riprendono “a scambiarsi messaggi e pensieri, come facevano quando erano ragazzini, questa volta nella lingua materna, la lingua sarda che non hanno mai dimenticato”; dunque, un dialogare maturo e con la limba intimistica dell’identità, più personale e diretta, quasi a significare l’appartenenza e il loro essere di una comunità e di un paese ben definito… che forse non hanno mai abbandonato.
Ogni cammino esistenziale ha un tracciato da approfondire e vivere, per poter poi intraprendere il viaggio di ritorno verso le proprie radici; tutto ciò avvicina all’idea di Ulisse che persegue, con tutta l’anima e sfide, la riconquista ideale e legame a Itaca. Come sentenzia la madre del protagonista: “Bachis, coro de mama, cuore di mamma, ricordati sempre del luogo natio! A casa, prima o poi, tutti ritornano e anche tu qui ritornerai”. Quanto riferito non toglie certo il piacere della storia al lettore.
La prosa di Maria Antonietta Mula è scorrevole, avvolgente e di raffinata perfezione stilistica; spicca la sua innata arte affabulatoria e padronanza delle lingue – sia in quella italiana, che nel competente uso de sa limba sarda – con cui tiene costantemente viva l’attenzione del lettore, nel segno di una malia apparentemente spontanea e semplice.
Opera avvincente, ben strutturata da una sapiente abilità comunicativa, che focalizza e pone il tema della ricerca dell’altrove (de un’ateru mundhu), della diaspora e spopolamento dell’Isola ma segnatamente, e con vigoria ri-costruttiva, “il dilemma del ritorno”: un ritorno al luogo d’origine, con coscienza identitaria e linguistica rinvigorita e rigenerata dalla storia personale e collettiva della Sardegna. Narrazione potente e coinvolgente che salva le memorie di una rappresentativa comunità sarda, identificabile con Orune; il paese natio “di granito e vento” della scrittrice, a cui l’opera è idealmente dedicata, è esplorato in sofferenze, valori, disillusioni e nei tempi sociali che maturano trasformazioni e mutazioni.
Maria Antonietta Mula, esercita la libera professione di ingegnera e insegna Matematica negli istituti di istruzione secondaria, ha già pubblicato due significative opere: la silloge lirica Il crivello e il romanzo I ragazzi del Nuraghe. In diversi concorsi di narrativa e poesia, sia in limba che in italiano, ha conseguito importanti riconoscimenti.
La fascinosa immagine di copertina del romanzo, titolata Memoria d’antico, è dell’illuminato e geniale pittore Mario Adolfi.
Cristoforo Puddu
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