Caso card. Becciu, il Vescovo di Ozieri fa chiarezza dopo l’articolo apparso sul settimanale «L’Espresso»
Pubblichiamo l’intervento, richiamato oggi dal settimanale diocesano “Voce del Logudoro”, del vescovo di Ozieri mons. Corrado Melis sulla nota vicenda che vede protagonista il Cardinale Angelo Becciu. Un intervento che vuole fare chiarezza sulla posizione della Diocesi e rispondere all’articolo apparso domenica scorsa sul settimanale L’Espresso.
«Davanti alla confusione lacunosa e maliziosa che ha inondato la nostra Diocesi, propongo alcuni elementi da conoscere per fare chiarezza a partire dall’articolo dell’Espresso di domenica, ma in consultazione online già da giovedì sera, firmato da Massimiliano Coccia e intitolato “Ecco perché il cardinale Becciu si è dimesso. Soldi dei poveri al fratello e offshore: le carte dello scandalo. E il papa chiede pulizia”.
Per prima cosa è subito evidente la tendenziosità del titolo: “Soldi dei poveri al fratello”. È questo il pungiglione che inietta immediatamente il fastidio e colpisce il bersaglio di chi ha voglia di andarsi a leggere l’articolo proprio non ne ha. La sentenza è subito emessa: il cardinale ha fatto ricco il fratello coi soldi destinati ai poveri. Non sono affatto psicologo né tantomeno un pubblicitario, ma la spina velenosa che inizia a dare prurito col titolo viene confermata dalla foto del cardinale che accompagna l’articolo scelta ad hoc per contribuire a mostrare un uomo cupo e incoerente con gli abiti che indossa. Insomma, l’evidente insinuazione di una Chiesa che cammina da tutt’altra direzione da quella proposta da Papa Francesco. E qui viene subito da far notare l’enorme affetto personale, ecclesiale e vocazionale (senza contare l’affetto istituzionale) che, al contrario, il cardinal Becciu ha sempre testimoniato nei confronti del Santo Padre, raccontandolo e contagiandolo ad ogni occasione opportune et inopportune, nelle omelie come nelle chiacchierate a tavola. Affetto ribadito, usque ad sanguinem (“ho promesso che per il papa darò la vita!”), in occasione della conferenza stampa di venerdì 25.
L’articolo sa poi di poter far leva su un illustre precedente rimasto inabissato nelle nebbie vaticane, quello del London Affair, dove era stata innescata un’inchiesta terremoto che abbracciava non solo tutto l’ufficio della Segreteria di Stato vaticana di allora, ma anche quella del nuovo Sostituto Pena Parra e un groviglio di società e traders finanziari che veramente si fa fatica a capire anche solo chi sia implicato, figuriamoci se si può essere così presuntuosi da ricavare un “modus operandi” tagliato su misura su un “principe della Chiesa” che metà Sardegna continua a chiamare “don Angelino”.
E in ogni caso, pare che questa questione, come la questione sollevata sugli investimenti delle finanze vaticane su paradisi fiscali, non è stata oggetto del colloquio del cardinale con il Santo Padre conclusosi con le dimissioni.
Veniamo alle questioni che vorrebbe far applicare il “metodo Becciu” (ironicamente si potrebbe denunciare l’articolista dell’Espresso per violazione di brevetto di tale metodo!) al “risvolto familiare”. Come già ribadito, occorre distinguere, una volta per tutte, due diversi tipi di finanziamento. Da una parte stanno le due tranches di 300 mila euro che la Diocesi di Ozieri ha chiesto alla CEI per promuovere e portare avanti il prezioso servizio svolto dalla cooperativa SPES di tipo B, ossia che, seguendo la vocazione indicata anche nel nome latino (“speranza” in italiano), svolge attività produttive finalizzate all’inserimento nel mondo del lavoro di persone con svantaggi fisici o psichici, le ragazze madri, ex detenuti, ex tossicodipendenti e gli utili sono sempre reinvestiti (di certo non si fanno ricchi i dirigenti). Il presidente di detta cooperativa è il signor Tonino Becciu, fratello del cardinale, professore di religione, dal 2017 dipendente della cooperativa, persona celibe “consacrata” al servizio della diocesi… da sempre (da prima che il cardinale suo fratello fosse Nunzio!). Serve ripeterlo: questi 600 mila euro sono passati dalla CEI (8xmille) per questa cooperativa sociale che ha un panificio, una serigrafia, una falegnameria, una vigna e una squadra di muratori! Sfortuna per i maliziosi, fortuna per la nostra diocesi, tale cooperativa è guidata dal fratello del cardinale. D’altronde, in una piccola diocesi di 45 mila abitanti non dovrebbe far così scalpore che diventi cardinale proprio il fratello di una delle persone più dedicate al servizio in diocesi!
C’è poi l’altro finanziamento, quello su cui si concentra l’attenzione del Santo Padre e dell’opinione pubblica e a cui l’Espresso con mia sorpresa (ma forse non tanta visto che l’obiettivo dell’articolista non era di certo il bene della Chiesa, ma usare la Chiesa per distruggere un’“eminente” personalità della Chiesa e quindi con essa distruggere la Chiesa!) dedica solo 4 righe. Si tratta di 100 mila euro che, non la CEI (l’8xmille), ma il Sostituto alla Segreteria di Stato (mons. Becciu a quel tempo) ha attinto (ne aveva tutte le facoltà e la fiducia da parte del Papa) da un fondo speciale chiamato “Obolo di san Pietro”, comunemente conosciuto come uno dei “fondi per la carità del Papa”. Le finalità dell’“obolo” sono quindi sempre caritative e un paio d’anni fa il Sostituto – così ha affermato nella sua conferenza stampa di venerdì 25 – destinò una somma alla Caritas della Diocesi di Ozieri. Ora, sembrerebbe che le informazioni in possesso del Santo Padre (ripeto: l’Espresso pare non abbia percepito, oppure i suoi informatori mendaci non l’avrebbero sapientemente istruito a capire che starebbe qui l’eventuale “reato di peculato”) parlino di una deviazione di tale somma dall’Obolo di san Pietro alla cooperativa sociale SPES, stabilendo di conseguenza una modifica della finalità caritativa dell’Obolo, nonché uno spregiudicato incanalamento di 100 mila euro dalla carità alle tasche del fratello del cardinale. E qui si sarebbe potuto esplicitare il titolo dell’articolo dell’Espresso (“soldi dei poveri al fratello”). Senonché i 100 mila euro sono attualmente nelle casse della Caritas diocesana in attesa di un capitale più importante per la creazione (finalmente!) del progetto di una “Cittadella della carità”. La finalità è stata rispettata, anzi, purtroppo erano pochi e si attende la Provvidenza per trasformare quel gruzzoletto della carità del papa in rifugio di poveri, in cucine, in tavolate, in cibo, in festa per chi neanche verrà a conoscenza di poter mangiare grazie anche a quel gesto che tanto è costato al Sostituto Becciu.
E gli altri due fratelli? Caro Massimiliano Coccia dell’Espresso, ti ha già risposto il cardinale nella conferenza stampa: Franco vive a Pattada ha imparato l’arte della falegnameria in paese, non vive in una reggia e non ha “arredato e ammodernato, come tu sostieni, numerose chiese in Angola e a Cuba” (sarebbe finito sui giornali missionari diventando più famoso del fratello Nunzio!), ma ha fatto due (sic!) porte per la nunziatura in Angola e un bel lavoro di ristrutturazione della nunziatura a Cuba, lavori ovviamente autorizzati dal Papa (o da chi per lui, ovviamente!). Non credo che il titolo dell’articolo si riferisca a questo fratello che di certo non si è immerso nell’oro vaticano ma ha realizzato delle opere nella sua falegnameria per poi installarle nelle nunziature dove stava il fratello (penso che andrebbe fatta un’inchiesta per sapere se sono più i privilegi o più le noie derivanti dall’avere un fratello così importante)! Non credo poi nemmeno che il titolo si riferisca al fratello Mario, il professore universitario di psicologia che pare (attendiamo la fine della pandemia per gustarne tutti i frutti!) abbia dato avvio a un progetto di inclusione sociale attraverso un birrificio che produce “birra Pollicina”, birra ricavata dal pane raffermo raccolto (come Pollicino) dalla grande distribuzione. Anche su questa attività che, a detta dell’Espresso, sarebbe pubblicizzata dal cardinale in persona arriva la cassata (ironica) della conferenza stampa di venerdì: “se invitare (gli stava per sfuggire l’espressione sarda: “cumbidare”!) la birra di mio fratello a degli ospiti che mi hanno fatto visita significa fargli pubblicità…”. Per farla breve anche sul sospetto di una rete finanziaria dei fratelli Becciu, titolari di un non meglio noto “modus operandi” con le finanze vaticane, proprio il fratello Mario ha sottolineato che “ciascuno dei fratelli Becciu lavora in autonomia dagli altri”, salvo ovviamente che sono fratelli che si vogliono bene e lo sanno mostrare soprattutto nelle semplici e affiatate incursioni pattadesi estive, lontano dai corridoi vaticani e tra i viottoli testimoni delle loro birichinate giovanili.
In sintesi: davanti a documenti spiattellati sui giornali e quindi potenzialmente incompleti, decontestualizzati e facilmente travisabili dai non addetti ai lavori (che in queste cose sono veramente pochi!) è buon uso (nonché buon senso) provare a partire dalla buona fede, e in questo caso, buona fede non significa solo buona coscienza, ma proprio buona relazione con Dio: il vero “modus operandi” di Becciu che vale la pena raccontare è quello di un uomo che ha dedicato la vita intera al servizio della Chiesa e del Papa; sulle carte riportate è quindi questione di punti di osservazione e soprattutto di occhi di chi legge: occhi di fede intelligente che vedono soldi del papa e dell’8xmille investiti per raggiungere persone e situazioni indigenti “esistenzialmente periferiche” (direbbe papa Francesco), oppure occhi di condanna mediocre alimentata da un’informazione sempre più coperta da assicurazioni professionali contro le querele e sempre meno guidata da etica e deontologia professionali. È curioso, a questo proposito, che, a distanza di una manciata di ore dalla conferenza stampa del cardinale, lo stesso articolista Coccia è stato costretto a limitarsi a commentare in un articolo online: “Becciu non fornisce nessuna difesa strutturata”, cosa evidente perché al cardinale interessava raccontare la ragione delle sue dimissioni e di certo non interessavano le interpretazioni giornalistiche di chi porta a casa il pane sudato leggendo con sospetto il “modus vivendi” di un’intera famiglia (accusandola maldestramente di rubare il pane dalla tavola dei poveri!). E in-fine, ma nel senso di “modus credendi” di chi ha abituato il cuore a guardare al fine della vita, tutto è già custodito nella preghiera di centinaia di migliaia (o di milioni) di persone di fede che amano la Chiesa, papa Francesco, il card. Becciu, la sua famiglia e soprattutto amano il Vangelo che come al solito invita a chiedere allo Spirito Santo tanta luce, tanta verità e tanta bontà nel valutare le scelte per portare avanti già su questa terra il regno di Dio».