«L’emergenza caro mangimi non entra in Consiglio regionale», la denuncia di Ciusa (M5s)
«Allevatori e agricoltori non sanno come sfamare i capi di bestiame e come provvedere alla cura dei campi. Priorità al piano semenze, piano cerealicolo, sblocco delle dighe».
«Ancora una volta i tempi del Consiglio regionale non vanno di pari passo con la realtà: ieri sono state approvate tre proposte di legge depositate anni fa, mentre è stato rinviato quello che avrebbe dovuto essere il tema cardine del dibattito: la crisi del comparto agricolo e dell’allevamento. Individuare le priorità su cui lavorare dovrebbe essere la base di un’azione legislativa efficace e calata sulle esigenze del territorio regionale».
La denuncia arriva dal consigliere regionale deldel M5s Michele Ciusa, che sottolinea come «gli effetti della crisi economica mondiale scatenati da questa guerra feroce e inaspettata in Ucraina hanno stravolto i piani di spesa del mondo agricolo sardo». «Allevatori e agricoltori – continua – non sanno come sfamare i capi di bestiame e come provvedere alla cura dei campi. Ciononostante il Consiglio regionale ha deciso di aprire il dibattito con la caccia: mi dissocio dalla tempistiche di trattazione di queste tematiche. Oggi la nostra priorità è quella di assicurare una programmazione di lungo respiro a chi non può comprare i mangimi per i maiali, a chi non sa come andare avanti».
Per tale ragione Michele Ciusa assicura che mercoledì prossimo «torneremo in Aula forti e determinati a presentare emendamenti per affrontare concretamente l’emergenza attuale».
«Programmare un Piano semenze, un Piano cerealicolo, lo sblocco delle attività delle dighe sarde per portarle alla capienza massima e un Piano di gestione per la riconversione dei territori incolti della Sardegna finalizzato alla produzione di mangimi per tutti i comparti è la nostra priorità», specifica l’esponente del M5s.
«La mancanza dei mangimi – conclude Ciusa – non si può risolvere attraverso l’erogazione di aiuti economici che, suddivisi tra tutti gli aventi diritto, non sarebbero sufficienti a far sopravvivere le aziende. Ciò che occorre è un vero Piano di gestione delle semenze. Dobbiamo ragionare su cosa innestare nei territori per non dover soffrire la mancanza di foraggio».