La visita di Sgarbi a Nule
- 31 Agosto 2020, 14:42
NULE. “Apo intesu sonu ‘e telarzu e sa idda no mi pariat pius morta”. Così Salvatore Cambosu, scrittore originario di Orotelli, zio materno di G. Deledda e Maestro di Maria Lai , cita Nule nel suo celebre romanzo “Miele Amaro”, scritto nel 1954. Lo stesso suono che il 16 agosto ha portato Vittorio Sgarbi, noto critico d’arte italiano, a visitare il paese del Goceano. La prima tappa del suo itinerario è stata la casa di un’artigiana del paese: Giovanna Maria Campus. Qui lo studioso si è potuto calare in quella realtà caratteristica che porta “sas manos bonas” delle tessitrici a creare quel gioco sapiente di intrecci che è il tappeto di Nule. Seduto nella stanza “de su telarzu” dove il grande telaio verticale è conficcato nel pavimento, quasi per mostrarne l’appartenenza radicale al territorio, Sgarbi ha potuto osservare l’artigiana all’opera (video), mentre seduta su un piccolo sgabello passa il filo di lana nell’ordito per ben quattro volte e lo picchietta con “su sazu”; infine al quarto giro, compatta i fili con “sa pettenedda” e ricomincia da capo, dando anima a creazioni la cui armonia proietta giochi ottici e geometrici che incantano. Prendono vita così i modelli più antichi de “Sa Fressada, Sas Bindighi Lunas e a Fiamma” e quelli più “moderni“, elaborati con tecnica uguale ( a stuoia) ma con disegni e motivi nuovi realizzati interamente in lana sarda;
Nelle case delle artigiane nulesi ancora oggi si possono ammirare anche i tappeti dove vengono riprodotti i disegni donati alla comunità del grande architetto sardo Eugenio Tavolara negli anni ’50, come i Cavalli e Melograni, Il Balletto e le Palme e Pavoni.
Un atmosfera di intreccio tra passato e presente che il critico ha potuto respirare anche durante la successiva visita all’ ex centro pilota I.S.O.L.A, attivo prevalentemente tra gli anni ’60 agli anni ‘80 e che oggi espone una raccolta di tappeti realizzati nel corso degli anni per i vari concorsi da diverse tessitrici del paese, con la stessa tecnica a stuoia, e i cosidetti “Tappeti d’autore”, disegnati da designer famosi come Bonino o Antonio Marras, riprodotti dalle sapienti mani delle tessitrici e realizzati sia con i colori vegetali che con quelli chimici. Tra le tinture naturali spiccano nei manufatti di Nule il bianco sporco della scorza d’euforbia, il rosso della robbia e il giallo della feruledda, il marrone dell’alloro, ed il nero del cisto e del lentischio.
Durante la sua passeggiata per le vie del paese lo studioso si è calato anche nella sua veste di storico dell’arte visitando gli edifici di culto più significativi. Partendo dalla Chiesa parrocchiale di Santa Maria Bambina, costruita in stile gotico-aragonese con i caratteristici mattoni in granito e le due torri campanarie (una moderna e una seicentesca) che la rendono inconfondibile.
Al suo interno l’edificio custodisce la statua votiva di Maria Bambina oltre a numerosi quadri del Caboni, illustre pittore sardo dell’Ottocento. Successivamente il critico ha raggiunto la chiesa dell’Assunta o “de Mesaustu” risalente al 1500 , un tempo Parrocchiale del paese, caratterizzata dalla sua semplice facciata sovrastata da un campanile a vela a una luce. L’interno diviso in tre navate separate da arcate a tutto sesto coperte da capriate lignee, custodisce il simulacro della Vergine Dormiente avvolta in vesti riccamente decorate.
Proprio nella chiesa dell’Assunta quella sera Sgarbi fa la conoscenza fortuita di un artista locale: Massimiliano Mellino, che afferma: «Gli ho parlato delle mie opere ed ho apprezzato il fatto che sia voluto venire lui a casa mia ad osservarle». Il critico ha analizzato con attenzione i lavori dell’artista che utilizza una tecnica che può essere definita un connubio tra il materico, in particolare quello informale, e una pittura dettata dallo stato d’animo di chi realizza le opere ; infine lo studioso ha espresso il suo apprezzamento in maniera particolare ai lavori che denotano una forte componente identitaria.
Colpisce il fatto che durante la sua passeggiata per le vie di Nule Vittorio Sgarbi non ha disdegnato due chiacchiere con le persone del posto che si trovavano per strada e lo hanno voluto salutare. Colpisce perché da questi particolari emerge il ritratto di un uomo di grande cultura, tranquillo e disponibile con tutte le persone che ha incontrato; la descrizione di una persona molto diversa dunque dal personaggio pubblico pungente e spesso eccessivo che appare (o vuole apparire) agli occhi dell’opinione pubblica.
Maria Francesca Ricci
Nella foto: Vittorio Sgarbi con l’artista Massimiliano Mellino