“Le mie Ozieri”: decimo numero dei Quaderni Ozieresi di Titino Bacciu
OZIERI. È già in libreria il decimo numero dei Quaderni Ozieresi dal titolo “Le mie Ozieri”. Partendo dalle parole di Italo Calvino, il quale nelle “Città invisibili” sostiene che le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, lo storico Titino Bacciu tenta di raccontare le tre Ozieri che ha conosciuto, svelandone appunto i desideri, le paure e i sentimenti.
La prima Ozieri risale agli anni 40/50 del secolo scorso e, dato che nel periodo quasi nessuno parlava italiano, per essere raccontata meglio, l’autore ha pensato di scrivere questa parte in lingua sarda. È un viaggio dentro il quartiere di Donnigaza che allora era sede dei tre poteri: la giustizia, rappresentata dai Carabinieri; la politica, dal Comune e dall’Ufficio di collocamento e la Chiesa, con l’episcopio (Piscobia). Attorno a queste istituzioni c’era un mondo vivo e dedito al lavoro, l’anima pulsante era infatti costituita dalle innumerevoli attività che vi si esercitavano. Così si passa davanti alle botteghe ed alle case di falegnami, muratori, calzolai, fabbri, sellai, barbieri, ortolani, panettieri e panificatori, bottegai, macellai, proprietari terrieri, ma anche sacrestani, bidelli, facchini e accalappiacani che insieme costituivano per l’appunto la ricchezza del rione.
La seconda Ozieri è quella che è passata da villaggio a città. “Ozieri non è un semplice luogo, ma un centro ben costruito, con alto grado di dignità che ha sempre aspirato ad essere più grande di se stesso”. Un centro che è stato nell’800 città relativamente grande se comparata ad altri centri dell’Isola (solo Cagliari e Sassari avevano più abitanti) e città relativamente piccola oggi in quanto inserita in un contesto più dinamico rispetto a quello del XIX secolo. Nel ‘900 infatti si è vista superare da molti centri costieri ove le nuove attività hanno soppiantato quelle legate alla terra. Ma la sua posizione geografica, se da un lato la penalizza in termini di numero di abitanti, dall’altro la rafforza nel suo essere ancora “capoluogo” di una vasta zona geografica, per cui può essere ancora definita città.
In questo capitolo l’autore ripercorre, dunque, in maniera sintetica i momenti storici che hanno contribuito a renderla città, impressi in modo particolare attraverso le costruzioni, perché “nelle costruzioni si rappresentano ideali collettivi che appartengono a tutta la cittadinanza”.
La terza Ozieri è invece la città che è uscita dal suo nucleo iniziale e si è diffusa, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, nel verde delle colline circostanti. Nel suo sviluppo ha prodotto “quartieri” cui hanno contribuito una miriade di autocostruttori. Anche in questo campo la città affonda le sue radici nella storia con le belle case di campagna dei nostri progenitori sardi e spagnoli come Lopez, Grixoni, Campus e Tola e poi la villa per eccellenza, quella villa Pietri che continua ad emanare fascino pur nella sua decadenza e che può essere assunta come emblema della città diffusa. Questo tipo di insediamento abitativo, che inizialmente poteva appartenere solo al ceto degli abbienti, a partire dagli anni ’60 si è largamente diffuso a tutte le classi sociali, diventando nel tempo un posto ideale in cui vivere tutto l’anno.
Con questo decimo numero Titino Bacciu chiude così il suo ciclo dei Quaderni Ozieresi, con i quali ha raccontato uno spaccato di vita cittadina con notizie e argomenti di sicuro interesse storico e culturale. Un altro contributo editoriale, insomma, che va ad arricchire il patrimonio del sapere sul capoluogo del Logudoro.
Anche questo numero dei Quaderni Ozieresi è stato stampato dalla Tipografia Ramagraf di Sergio Nuvoli. La grafica invece è stata curata da Antonello Sabattino.
Nelle librerie e nelle edicole di Ozieri, durante il periodo natalizio, sarà possibile acquistare il cofanetto con tutti i dieci numeri di questo primo ciclo dei Quaderni Ozieresi a cui hanno collaborato anche Antonello Contini, Diego Satta e Roberto Canu.