Ozieri si stringe per l’ultimo saluto ad Adriano, scomparso tragicamente a soli 28 anni
Il parroco don Roberto Arcadu: «Oggi Gesù ha fissato i suoi occhi pieni di amore sulla vita di Adriano, ritenendolo pronto per la vita eterna».
La città di Ozieri questo pomeriggio, a tre giorni dalla tragedia, ha dato l’ultimo saluto a un suo figlio, il 28enne Adriano Pinna. Grande appassionato di motori, dipendente dell’azienda tedesca Sarda Moto Tours, è scomparso mercoledì 15 dicembre, dopo essere rimasto vittima di un incidente stradale lungo la statale 597, tra Oschiri e Berchidda.
Diretto a Olbia in sella alla sua potente Ducati 999, mentre percorreva un lungo rettilineo ha perso il controllo del mezzo, forse dopo aver urtato un’auto che lo precedeva, cadendo pesantemente sull’asfalto e morendo all’istante. Il corpo, su disposizione del magistrato, è stato poi trasferito all’Istituto di medicina legale di Sassari per l’esame autoptico e oggi, alle 15, si sono celebrate le esequie nella chiesa parrocchiale di San Francesco a Ozieri.
Al rito funebre, presieduto dal parroco don Roberto Arcadu e concelebrato da mons. Giovanni Dettori, da don Antonio Loi e dal parroco di Ardara don Paolo Apeddu, presenti tutti gli affetti più cari di Adriano: il padre Mario, la madre Caterina, il fratello Pietro, la sorella Serena con Tonino, la nonna Pierina e l’amata fidanzata Silvia. A stringersi attorno ai familiari, in un unico abbraccio, parenti, amici, conoscenti e l’intera comunità ozierese, rappresentata dal sindaco Marco Murgia.
«Inizio questa riflessione, chiedendo già da ora perdono. A voi cari Mario e Caterina, a voi Pietro, Serena e Tonino, a te nonna Pierina, a te cara Silvia, a voi familiari, e a voi tutti in particolare ai giovani e agli amici di Adriano», esordisce nell’omelia il parroco don Roberto Arcadu.
«Perdono – continua don Roberto – perché forse siete qui, questo pomeriggio, per cercare di trovare un po’ di conforto, anche minimo, in mezzo a questa enorme tragedia che ha fatto piombare sulla nostra città il silenzio assoluto, quello più assordante. Perché un silenzio che parla, che porta con sé sconvolgimento grave dentro di noi, e che urla tanto il suo dolore, grida tutto il suo disappunto e la sua incredulità.
E vi chiedo perdono se nelle mie povere parole non trovate quello che cercate; anche noi sacerdoti, nonostante poggiamo la nostra vita sulla solida base che è il Cristo Gesù che riconosciamo Maestro, Pastore e guida, di fronte a tali eventi, rimaniamo un po’ disorientati e come voi innalziamo al Dio, Padre di ogni dono perfetto, i nostri interrogativi e tutte le nostre umane domande».
Per questa ragione vi chiedo per un attimo di spingervi oltre colui che avete davanti e sentire almeno un po’, solo l’eco di quella Parola di Dio appena ascoltata che certamente è la più vera e la più consolante. Cerchiamo di aprire anche un piccolo spiraglio dentro al cuore perché sia Lui e solo Lui questo pomeriggio a cercare di toccare la nostra vita e risanare la grossa frattura creatasi dentro tutti noi.
Signore, abbiamo bisogno di comprendere! E sappiamo bene che a questo nostro voler comprendere non c’è una risposta ora umanamente possibile, ma siamo coscienti che seppure sappiamo che sei buono, questa immagine ora è offuscata dal dolore e dalle lacrime che rigano i volti, sgorgando dai cuori delusi e amareggiati perché, te lo diciamo francamente, questa volta il colpo è troppo duro.
Signore abbiamo bisogno di comprendere ciò che tu dici nel Vangelo: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro“. Ma come possiamo venire da Te, siamo adirati e non riusciamo a vedere quella luce che più di 2000 anni fa sei venuto a portare qui sulla terra e che tra qualche giorno rivivremo. Aiutaci Signore ha intravederla e fare in modo che quella luce squarci le tenebre dense che si sono abbattute e portino il calore, che ci aiuti ancora e nuovamente ad accogliere la tua bontà che riservi per chiunque in te ripone ogni sua domanda, ogni suo perché, ogni suo desiderio.
Il brano evangelico appena proclamato, narra di un tale identificato con un giovane ricco che si avvicina da Gesù perché vuole trovare un senso vero alla sua vita, desidera dare risposta alla grande inquietudine che si porta dentro, vuole cercare di approfondire ogni cosa che vive, anche le sue angosce più profonde.
“Signore cosa devo fare per ottenere la vita eterna?”. La risposta di Gesù non si è fatta attendere: “Va’, vendi tutto quello che hai e vieni e seguimi”.
Sembra che apparentemente questo non ci dica nulla quest’oggi è che non c’entri nulla con ciò che in questo momento e in questi giorni stiamo vivendo. Ma ho scelto proprio questo brano dopo aver letto tante riflessioni scritte da voi giovani, che certamente penso che non sono di circostanza, ma dettate da cuori che volevano bene ad Adriano.
Stralcio solo una frase di una vostra riflessione “Dove c’eri tu c’era vita“. Se si arriva a dire queste parole significa che Adriano era veramente un giovane che con il suo breve passaggio sulla terra, ha lasciato un segno profondo. Un solco ben aperto dove poterci piantare ancora desideri e speranze, perché se il terreno è buono esso porta frutto, se con lui c’era la vita, significa che il suo passaggio non è stato vano, ma anzi, con il suo fare, con la sua simpatia, con il suo impegno nel rimboccarsi le maniche ha dato un senso ai suoi giorni, ha cercato cioè di far germogliare tutto ciò che portava nel cuore, non arrendendosi di fronte alle difficoltà.
Cari Mario e Caterina, babbo e mamma, lacerati da questo enorme dolore e vuoto che la morte ha portato con sé, non posso che entrare in punta di piedi dentro il vostro dolore per sussurrarvi un solo un nome che desidererei rimbombasse fortemente: “Gesù risorto”.
Solo in lui potete trovare il coraggio di risollevare lo sguardo e il cuore per ritrovare senso nei vostri giorni terreni. Ciò che è successo è umanamente innaturale, che sorpassa ogni pensiero e ogni intelligenza, ma sono certo che sarà Adriano stesso, vivendo ancora in voi, a lenire questo dolore e ad asciugare piano piano ogni lacrima.
Cari Pietro e Serena con Tonino, il Signore vi ha dato da percorrere insieme nell’affetto e nell’amore un tratto di strada, cercatelo ancora, saprà sorridervi, non più certo nella fisicità, ma con lo stesso sorriso di Dio che accompagna ogni vostro passo e ogni vostra scelta.
Cara Silvia, immagino i progetti dettati dalla vostra giovinezza! Non smetterà di sostenerti in questa prova, ancora sussurrandoti il suo amore!
A te cara nonna Pierina, dall’alto dei tuoi anni non aspettavi di vivere questo dolere, continua a pregare perché il Signore ti aiuti a vivere nella fede.
Carissimi tutti, in particolare, carissimi giovani e amici di Adriano permettetemi di rivolgermi a voi con affetto e con sentimenti paterni e fraterni.
Oggi il Signore ha messo a dura prova la vostra vita e per chi si impegna anche nel ricercare Dio, questo evento potrebbe rischiare di annebbiare tutto.
Carissimi, gli anni della vita passano e qualche volta come oggi si fermano troppo presto. Inseguite ciò che veramente vale, realizzate sogni credibili, date senso all’esistenza e a ogni vicenda che si pone sul vostro cammino. Date spazio all’originalità per essere costruttori di un mondo nuovo, che ama, che sa vivere valori veri e non effimeri.
Prendo in prestito dal Vangelo che abbiamo ascoltato ancora un atteggiamento che Gesù rivolge al giovane: “E fissatolo lo amò”. Lasciatevi incantare dal fascino dello sguardo di Gesù che è risposta a tutto. Oggi Gesù ha fissato i suoi occhi pieni di amore sulla vita di Adriano, ritenendolo pronto per la vita eterna. Gesù ti conduca caro giovane fratello verso i giardini nuovi, dove la tua giovinezza rifiorirà ancora più bella2, conclude don Roberto Arcadu.
A margine del rito funebre le madrine hanno letto un poesia di Henry Scott Holland dal titolo “La morte non è niente”.
La morte non è niente. Non conta.
Io me ne sono solo andato nella stanza accanto.
Non è successo nulla.
Tutto resta esattamente come era.
Io sono io e tu sei tu
e la vita passata che abbiamo vissuto così bene insieme è immutata, intatta.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il vecchio nome familiare.
Parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce,
Non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Sorridi, pensa a me e prega per me.
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima.
Pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto.
È la stessa di prima,
C’è una continuità che non si spezza.
Cos’è questa morte se non un incidente insignificante?
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Va tutto bene; nulla è perduto.
Un breve istante e tutto sarà come prima.
E come rideremo dei problemi della separazione quando ci incontreremo di nuovo!