• 20 Febbraio 2025
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Ozieri, tra rassegnazione e speranza. Lettera in redazione

Panorama Ozieri
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OZIERI | 19 febbraio 2025. Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviataci da Agostino Pinna, già assessore comunale di Ozieri. Una riflessione, una presa di coscienza, la sua, di chi vede la propria città svuotarsi, perdere identità e futuro. Intrappolata in una spirale di rassegnazione, dove il sogno di una rinascita sembra sbiadire sotto il peso dell’immobilismo. Ma c’è anche la speranza, la voglia di trovare delle soluzioni, una nuova strada da percorrere tutti insieme per risollevare le sorti di una comunità attorcigliata su se stessa.

«Caro Direttore, seguo sempre il suo giornale. Da quando La Nuova Sardegna ha cancellato la pagina del Logudoro, restano solo le sue righe per aggiornarci su quello che succede intorno a noi. Non vogliamo e non ci interessano fatti eclatanti. Ma sapere che almeno stiamo tutti bene, questo sì. Perché altrimenti non ci resta altro che contare i morti, ormai. E il conto, non torna mai.

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Vorrei tornare sul pezzo dell’amico Pierangelo di alcuni giorni fa (leggi) che parlava della difficoltà a trovare case in affitto ad Ozieri. Partirei da qui ma solo come spunto per una riflessione più ampia ma semplice contemporaneamente, inarrestabile. Cruda. Non ci sono case in affitto perché nessuno ha più intenzione di investire su Ozieri. Nessuno ha intenzione di costruire più niente ad Ozieri. Né case, né famiglie, né vite, né professioni e lavoro. C’è un alone consunto di stanchezza e rassegnazione. Combattiamo battaglie di retroguardia, spolpiamo solo quello che resta di questa città. Non c’è una guida che tracci una direzione, ora. Se possiamo, fuggiamo. Non rivendichiamo più un’identità. Non la cerchiamo. Lasciamo che siano gli altri a decidere. Ma neanche gli altri hanno interesse a decidere per noi. Non importa a nessuno. Semplicemente, non esistiamo più. Semplicemente, ci stiamo cancellando, con le nostre mani, da una cartina geografica di una Sardegna spopolata, pigra, rassegnata, arresa. E ci stiamo cancellando noi. Col nostro non fare. E la visione di un mondo, non dico bello, ma almeno accettabile, non c’è più. I pochi sognatori rimasti hanno intrapreso un cammino solitario e non condividono le loro visioni con nessuno. I paradigmi della socialità, quella bella, positiva, creativa, che ci ha sempre contraddistinto, non esistono più. Il sogno, la speranza e la condivisione, vengono costantemente derisi da sciacalli che pontificano gridando dalle pagine di mondi paralleli che considerano l’arena della realtà. Dove non devono fare scelte e non devono mettersi in gioco, veramente. Gli ultimi coraggiosi hanno scelto sentieri solitari. Li capisco. Almeno per stare bene loro, se non tutti.

Ozieri non ha più un’anima, le lascio immaginare se ha un cuore. Eppure, sotto la cenere fredda di una coscienza sociale perduta, secondo me, c’è ancora qualche cosa. Di una possibile rinascita. Il coraggio incosciente di qualche giovane e la caparbia testardaggine di qualche vecchio. Ma non so come metterle insieme per fare massa critica. Riaccendere una scintilla per un orgoglio sano, positivo, costruttivo. Ormai perduto. Non rinuncio. Non rinuncio alla ricerca di una chiave. La chiave per una speranza che è in tutti noi. Spero solo momentaneamente sopita. Ora ricoperta da una polvere pesante. Di piombo vecchio. Lasciarsi alle spalle vecchi rancori. Vecchie vendette, vecchi torti subiti. Ripartiamo da qui. Facciamolo per la nostra città.

Ho studiato e lavorato tutta la vita per questo. Non ho nessuna intenzione di rinunciare. Questo è il manifesto delle cause perse. Ma anche di una possibile rinascita. Cerco coraggiosi sognatori e coraggiose sognatrici. E, tenendoci per mano, cercare una strada nuova. Di dignità, orgoglio, speranze, lotta, sudore, lavoro, lacrime, sorrisi. Stanchezza buona dopo un duro lavoro. E quel sapore di domani, ancora da vivere che ci accompagna mentre ci addormentiamo la sera. E della voglia di rimettersi a lavorare. Per questa comunità».

Agostino Pinna


Ho letto con attenzione la sua lettera e non posso che essere d’accordo con lei. Penso che le sue parole siano il riflesso di un sentimento diffuso, di una comunità che si interroga, seppur sottovoce e timidamente, sul proprio futuro e sulla propria identità. La rassegnazione, è vero, sembra aver preso il sopravvento, ma già parlarne è un segnale che qualcosa può ancora cambiare. Per riuscirci però occorre più coraggio, più visione, e soprattutto la volontà di costruire una nuova idea di società.

Non basta infatti constatare il declino o riconoscere le difficoltà: è necessario trasformare questa consapevolezza in azione. Ozieri, come tante altre realtà della Sardegna, ha bisogno di un nuovo slancio, di persone disposte a mettersi in gioco, a immaginare un futuro diverso e a lavorare per realizzarlo.

Serve un cambio di prospettiva: smettere di guardare con nostalgia a ciò che era e iniziare a costruire ciò che può essere. Ogni piccolo gesto, ogni iniziativa, ogni idea condivisa può essere un primo passo per ricostruire quel tessuto sociale che sembra essersi sfilacciato nel tempo.

Non si tratta di una sfida facile, ma la storia insegna che le comunità rinascono quando le persone decidono di non rassegnarsi. Se, come dice lei, sotto la cenere esiste ancora una scintilla, allora è il momento di soffiare su di essa per riaccendere il fuoco. E questo può avvenire solo insieme, con il contributo di tutti, senza aspettare che qualcun altro tracci – a modo suo – la strada al posto nostro.

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