«Pes de Sèmene», «Pel de Semene» o «Perde Sèmene». Quale grafia utilizzare?
Pes de Sèmene, Pel de Semene o Perde Sèmene? Qual è la grafica più corretta da utilizzare per questa località divenuta famosa per la strage di Chilivani? Per dipanare i dubbi e le incertezze, abbiamo chiesto lumi all’esperto ozierese di lingua sarda Cristiano Becciu, il quale è intervenuto inviandoci un articolo, già pubblicato qualche anno fa sulle pagine del settimanale diocesano “Voce del Logudoro”.
«Un lettore attento, tra l’altro esperto di cose sarde, sulla scia di nostri precedenti articoli riguardanti alcune storpiature di nomi di luogo, chiede spiegazioni riguardo un toponimo dell’agro ozierese. Abbiamo già affrontato il delicato ma interessantissimo tema dei cambiamenti dovuti a confusioni, incomprensioni, somiglianze di suono e significato. Mal di ventre per Maluentu, Golfo Aranci per Gulfu di li ranci, Pedras fritas per Pedras fitas. Oggi analizzeremo un nome di luogo collocato, approssimativamente, tra Mesu ‘e rios e Bisarcio, purtroppo famoso perché teatro dello spietato eccidio di due carabinieri, nel 1995. Nelle carte IGM, compare la forma “pel de semene” che, così come è scritto, dovrebbe significare “piedi di seme”, ma è un nome tutto da analizzare e capire.
Prima di farlo, è necessario spiegare una caratteristica fonetica dell’ozierese, il dialetto da cui si deve partire per comprendere a fondo il toponimo. Quando una L, una R o una S precedono una D, come in caldu, ’ardu (cardo), sas dentes (la –s finale dell’articolo incontra la d- del sostantivo), quei nessi consonantici vengono pronunciati producendo una “strana aspirazione”, un fonema chiamato tecnicamente fricativa unilaterale sonora. Fricativa perché l’aria che passa tra la lingua e i denti provoca come una frizione; unilaterale in quanto l’aria fuoriesce dal solo lato destro del cavo orale; sonora perché vibrano le corde vocali. Per semplificare: qualcuno, ironicamente, ha definito “papero fonema”, perché simile a quello utilizzato nel doppiaggio italiano di Paperino ma anche del gatto Silvestro. Volendo rappresentare graficamente questo suono particolare (che usano ad Ozieri, ad Ardara, a Tula, Mores, Nughedu e Ittireddu, per limitarci ai paesi vicini), perché sia leggibile su questo giornale, dovrei usare i segni <LĐ>. Ecco le parole succitate, trascritte come vengono pronunciate: càLĐu, àLĐu, saLĐènteze (la <z> è la “s” sonora di “casu”, per capirci). Veniamo finalmente al nostro nome di luogo: esso, sicuramente, alle orecchie dei primi trascrittori, geografi inesperti di sardo, dovette suonare come “pèLĐezèmene”, ed è qui che nacque il fraintendimento. Suonava cioè come una parola intera per cui, per poterla interpretare dandole un senso compiuto, era necessario dividerla in parti. Prevalse la divisione “pes de sèmene” che, lasciando inalterata la pronuncia (sempre pèLĐezèmene), restituiva il significato di “piedi di seme”, curioso appellativo, ma verosimile almeno per la presenza di “sèmene”: un seme, per il nome di un terreno coltivabile, è sempre plausibile! In realtà il “seme” c’entra ma, al contrario, proprio in virtù di una sua improduttività. Infatti la pronuncia pèLĐezèmene deve essere resa graficamente con “perde sèmene”, come finalmente compare nelle nuove carte geografiche. Non un bizzarro “piedi di seme”, ma un chiaro “perdi il seme”. Alcuni agricoltori che conoscono bene quella zona, infatti, ci confermano la presenza di un terreno molto sabbioso, difficilissimo da coltivare, per cui ogni seme gettato andava letteralmente perso, perché non attecchiva. Questa di “perde sèmene” è la versione più verosimile e siamo propensi ad accettarla almeno fino a quando non compaia un’altra testimonianza grafica, linguistica e soprattutto pertinente con la natura del luogo in questione».
Cristiano Becciu
Nella foto: il punto, in località Perde Sèmene, dove persero la vita i due Carabinieri Walter Frau e Ciriaco Carru