• 2 Marzo 2025
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Pettegolezzo, gossip o loroddu?

Loroddu

Pettegolezzo, gossip e loroddu: tre termini complementari che riportano alla chiacchiera.

Certe parole, dette in inglese, spesso rendono eleganti le corrispondenti italiane. Prendiamo per esempio “gossip”: suona diversamente alle orecchie di chi è abituato a “pettegolezzo”, sostantivo con un’accezione più negativa. Per imparentare i due vocaboli, non basta precisare che un “gossip” altro non è se non un pettegolezzo sui cosiddetti vip, perché la differente attenzione mediatica riservata ci fa percepire un gossip come una curiosità, mentre un pettegolezzo è sempre una chiacchiera indiscreta e maligna su qualcuno.

Eppure basterebbe un buon dizionario etimologico dell’inglese per sapere che anche il “gossip” è stato una chiacchiera insulsa. Il termine nascerebbe dall’unione di “god” (Dio) e “sibb” (parente) e indicava inizialmente il rapporto familiare fra compari e comari. Questi “congiunti”, in effetti, introdotti nella nuova famiglia, vengono a conoscenza di fatti intimi e privati. In occasione delle nascite, le madrine potevano riunirsi in gruppo, recuperando nella sfera privata ciò che era negato loro nella pubblica: il diritto di parlare liberamente. Nei vocabolari, una  “comare” non è solo una “commadre”, una “madrina”, ma anche un’ “amica di famiglia” e una “donna chiacchierona”.

La parola “pettegola”, però, ha un’origine curiosa ed emblematica. Secondo la tesi più verosimile deriverebbe dal veneziano “petegola”, a sua volta da “peto”: l’incontinenza intestinale è associata a quella verbale e c’è un rimando esplicito all’espressione popolare “contar i peti”, nel senso di “andare a raccontare le cose private”. “Pettegola” è anche il nome di un uccello di palude, così chiamato probabilmente per il verso stridulo.

In sardo il verbo troddiare, in coerenza con l’associazione metaforica tra incontinenza intestinale e verbale, significa sia “scorreggiare” che “svelare i segreti”.

Rivelare segreti e fare la spia è invece iscobiare, oppure correddare, verbo dal significato iniziale di “suonare il corno”: quando una cosa intima diventa di dominio pubblico è come se l’avessero annunciata al suono di un corno.

Loroddu, loroddare, crastulai.

Alla luce di tali spiegazioni, è meno difficoltoso  interpretare etimologicamente due verbi sardi utilizzati per “spettegolare”: crastulai e loroddare, il primo nel meridione, il secondo in molti paesi del Monte Acuto.

Crastulare non è altro che “fare cra-cra”: si è già detto che l’associazione tra il pettegolare a bassa voce e il “ciarlare” degli “uccelli, il loro cinguettare, avviene in molte lingue. In spagnolo “cotorra” non significa solo “cocorita”, ma anche “donna chiacchierona”. 

Il verbo loroddare, invece, richiede un’analisi più approfondita, per coglierne il significato di “spettegolare”. Loroddu, infatti, a Desulo, Busachi, Bosa, Villanova Monteleone e Villaurbana significa propriamente “moccio”. Perciò l’aggettivo loroddosu, in quei paesi, vale come il muconosu del Montacuto, ovvero come “pieno di moccio”, senza per forza alludere a un bimbo che si atteggia ad adulto pur avendo ancora il moccio al naso.  Il muco disidratato che si accumula nel naso è detto in italiano “caccola”, diminutivo di “cacca”, e utilizzato nel senso generico di “sporcizia” e in quello specifico di “sterco che si attacca alla lana delle pecore”.

Come il pettegolo che deve il suo nome al fatto di “contar peti”, il loroddosu o lorodderi si ostina a “contare” le caccole dei nasi altrui, si comporta da “ficcanaso” appunto. Il violare la vita privata, l’intimità di quando possiamo concederci ciò che in pubblico è bene non fare né mostrare, si sancisce in lingua sarda con termini “forti” e di condanna implicita.

A Nuoro e provincia il “pettegolo” è semplicemente un contularju. Ancora contu come “racconto”: chi spettegola è colui che racconta i fatti altrui travisando la realtà e condendo i resoconti con fantasia e spesso maldicenza. Nell’Oristanese e nell’Alta Marmilla, come abbiamo visto per il veneziano, di una persona “pettegola si dice che è pidànciulu/a (da pidu, “peto”). D’altronde anche in sardo troddiare/troddiai, “emettere peti”, assume metaforicamente il significato di “svelare, rendere noto, riferire inopportunamente ad altri aspetti privati e riservati”.

Ti contu unu tròddiu significa “ti riferisco un pettegolezzo”. E, per indicare una persona che non sa mantenere i segreti, si ricorre ai paragoni fraseologici nci ddi bessiri che tròddiu in culu o nci ddi bessiri che pidu de nàdias, cioè “scappargli/e (di bocca) come un peto dal sedere”.

Passi di Pìndulas. Pillole di lingua sarda e di altre lingue neolatine: aneddoti, curiosità ed etimologie.

Cristiano Becciu-Bràina

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