“Poesia a Bolu (al volo)”: ironizzare sul cognome
Ironizzare sul cognome. Chi non l’ha mai fatto?
C’è chi mi chiama ancora, ironicamente, “Vecchioni”, ché Becciu è “Vecchio” in sardo!
Anche i poeti improvvisatori se ne davano di santa ragione, rispondendosi per le rime. Come i due ozieresi, tra i più grandi della prima generazione: Cubeddu e Pirastru.
Cubeddu è diminutivo di cuba, allude quindi a una piccola botte.
Pirastru è il nome del pero selvatico.
Cubeddu, per primo, inizia a canzonare l’avversario sul palco, sottolineando la natura selvatica del perastro e la sua infima qualità:
Pirastru chi t’at fatu sa Natura
Non podes essere frutu prelibadu:
podes esser in pira cambiadu,
però bi cheret un’innestadura.
Si t’andat male cuss’inferchidura,
restas unu pirastru ismutzurradu.
E si puru bogheras dae raighinas,
brotas solu frueddas pirastrinas.
“Perastro” così come ti ha creato la Natura
non puoi essere un frutto prelibato:
potresti essere trasformato in pero,
ma è necessario un innesto.
Se andasse male quell’innestatura
rimarresti un perastro spezzato.
E anche rifiorendo dalle radici,
germogli solo polloni di perastro!
Pirastru incassa il colpo, e ribatte, pensando alla piccola botte:
Pirastru so e tep’esser pirastru
e totu coronadu de ispina,
capatz’a fagher de boje e de mastru
a tie e a sa tua raighina.
Ma tue, pro disgràscia e pro disastru,
non ses cuba, barrile, ne mesina:
fis e ses unu mìseru cubeddu
valorosu cant’unu cugumeddu!
Sono Pirastru e devo essere perastro
e tutto coronato di spine,
in grado di fare da boia e da maestro
a te e alla tua stirpe.
Ma tu disgraziatamente e per disastro
non sei botte, barile, né mezzina:
eri e resti una misera botticella
dal valore di un funghetto qualsiasi.