Prima opera letteraria del giornalista Francesco Squintu
«Sedicimilaottocentocinquanta passi – Un viaggio tra Storia, racconti e leggende». È il titolo del libro “opera prima” di Francesco Squintu, tulese di nascita, ozierese di adozione, corrispondente locale del quotidiano La Nuova Sardegna e grande appassionato di chitarra e di apicoltura.
Sedicimilaottocentocinquanta sono i passi che Gerolamo, giovanissimo maestro elementare, nonché padre dell’autore, doveva compiere ogni giorno, a caddu a s’istradone (“sulla groppa dello stradone” ˗ come si dice ad Ozieri per indicare, con una simpatica metafora, il camminare, soprattutto quando non vi è alternativa ad una scarpinata), per recarsi dai suoi quindici piccoli bambini in un luogo sperduto tra i boschi.
Appena passato di ruolo, dopo la solita gavetta delle supplenze, maestro Gerolamo venne infatti destinato a Sa Sia*, frazione di Tula con la parlata gallurese, dove gli fu assegnata la prima cattedra nel 1961.
Inizia qui l’avventura professionale ed umana di “Lu Mastru”, in un tempo in cui la povertà di mezzi e l’arretratezza segnavano ancora profondamente la vita degli abitanti di questa porzione di Sardegna. D’altronde la Seconda Guerra Mondiale era finita soltanto da poco più di quindici anni.
Si parte appunto da una scuola – o per dirla con le parole di Maestro Gerolamo: «un’unica aula ricavata da un capannone adibito a fienile, il cui spazio era da condividere con una trebbia e con la paglia ammucchiata per l’inverno» –, ma si tratta solo del pretesto narrativo perché, grazie alla scrittura fluida e piacevole di Francesco, veniamo accompagnati su altre storie, vicende umane, aneddoti, curiosità e momenti storici come il bombardamento della Stazione di Chilivani, le incursioni aeree degli Alleati sui campi di aviazione di Cuzi e di Tola, e i cosiddetti “Moti del pane” di Ozieri. Avvenimenti, questi, raccontati e ricuciti sovrapponendo la tradizione orale dei fatti con le fonti documentarie consultate tra archivi, registri comunali e documenti di famiglia.
Tra le pagine c’è spazio anche per i sorrisi, attraverso fotografie narrative che ci lasciano immaginare l’ingenuo stupore di un’alunna nel vedere il mare per la prima volta. O che trasmettono momenti di commozione, come quando Maestro Gerolamo racconta dei due fratellini Ladu, che in pieno inverno, partendo a piedi dalla loro casa, la più distante dalla scuola, giunti in classe soddisfatti e contenti, sfilano da sotto l’unico cappotto che ricopriva entrambi, dei ciocchi di legno da aggiungere al braciere, la sola fonte di riscaldamento per tutta la classe.
La storia si riempie anche di alcuni personaggi, sia di Tula che di Ozieri e del circondario, sempre presentati, nel raccontare gesta e battute di spirito, con garbo e simpatia, ma cogliendo le varie sfumature umane e sottolineando gli immancabili soprannomi. Ma ci sono fatti anche drammatici, che risalgono all’infanzia di Maestro Gerolamo, come il tragico episodio legato a un’operazione compiuta da volontari tulesi contro alcuni abigeatari e che sfociò, durante un appostamento notturno, in una sparatoria nella quale rimase ucciso un bandito. C’è pure il racconto di una fortunata scoperta archeologica di Maestro Gerolamo che, casualmente, rinvenne sulla riva del lago Coghinas alcune sepolture risalenti all’epoca punico-romana, con tutto il suo successivo rammarico, perché gli importanti reperti ritrovati si persero (come accaduto in tantissimi altri casi simili) nei “sotterranei” di qualche museo o della Soprintendenza, senza che fosse data la dovuta risonanza alla scoperta e senza un solo accenno al fortunato scopritore.
Insomma, in questi “Sedicimila ottocento cinquanta passi” c’è tanta strada percorsa, ma anche tanta nostalgia dei tempi che furono. Uno dopo l’altro, questi passi, ci portano indietro nel passato in un’escursione tra le pieghe di uno spaccato di storia recente, narrata con stile amabile e accompagnata da dati, documenti e fotografie, frutto di un’accuratissima ricerca dell’autore, che integrano ed impreziosiscono la pubblicazione.
Il libro, da acquistare senza indugio, è già disponibile nelle librerie di Ozieri e Tula.
* Linguisticamente, tale frazione, arroccata sulle prime alture che separano una frangia della Gallura dal Logudoro, è una strana zona di confine glottologico, dove le varianti non si mescolano ma convivono senza ibridarsi, infatti gli abitanti sono praticamente trilingui, giacché parlano, indifferentemente il gallurese, il logudorese e l’italiano.
Ringraziamo pubblicamente Roberto Canu per il tempo, la disponibilità e la sollecitudine con cui ha risposto alla nostra richiesta di scrivere questa recensione. La Redazione.