Report Cna. Artigianato in Sardegna: comparto sempre in stato di emergenza
Oristano e Sassari sono le aree dove la crisi si è fatta sentire maggiormente. Tomasi e Porcu (CNA): «Il quadro generale è molto negativo e gli incentivi fiscali e alla liquidità non sono riusciti ad arginare un’emorragia divenuta strutturale nell’isola. Le piccole realtà imprenditoriali, tagliate fuori dal settore delle infrastrutture, risultano quanto mai dipendenti dal precario stato di salute della domanda privata».
Sono 34.207 le imprese artigiane sarde attive alla fine del 2021. Con uno 0,3% in meno rispetto al 2020, il comparto regionale registra il tredicesimo anno consecutivo di crisi. Malgrado un modesto recupero nel corso della seconda metà dello scorso anno e fino al primo trimestre 2022, il quadro che emerge dai dati delle Camere di Commercio sarde, elaborati dal Centro Studi della Cna Sardegna, è infatti molto negativo.
Alla fine del 2021 risultano poco meno di 2.200 nuove iscrizioni all’albo delle imprese artigiane, dato che supera il modestissimo risultato del 2020 (1.800) ma anche il livello del 2019 (2.076). Tale incremento non definisce però un assetto imprenditoriale in miglioramento. Come detto, lo stock di imprese artigiane attive nell’isola, al netto di quelle cessate, risulta alla fine del 2021 di 34.207 imprese: lo 0,3% in meno rispetto al 2020. Nel primo trimestre 2022 si osserva un modestissimo incremento del numero delle imprese artigiane attive (+0,5% rispetto al primo trimestre 2021) ma, come detto, i livelli sono bassissimi, e soprattutto i rischi derivanti dall’attuale congiuntura economica potrebbero essere altrettanto impattanti di quelli indotti dalla crisi sanitaria.
“La crisi economica indotta dall’emergenza sanitaria ha impattato su un settore già gravato da una crisi strutturale di lunga durata e sul quale sembrano non aver avuto un effetto deciso le misure di sostegno messe in campo dal Governo”, evidenziano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna sarda, commentando un quadro generale ancora negativo».
«I vari incentivi (fiscali e alla liquidità) – continuano – non sono riusciti ad arginare un’emorragia divenuta strutturale. Quelli che potevano essere deboli segnali di ottimismo basati sul modestissimo incremento delle imprese artigiane attive nel primo trimestre, sono ulteriormente gravati dai più recenti fattori di freno alla produzione e di peggioramento del clima di fiducia. È evidente che soprattutto le piccole realtà imprenditoriali, già tagliate fuori dal settore delle infrastrutture in espansione in regione anche per il tramite delle misure di stimolo all’economia, risultano quanto mai dipendenti dallo stato di salute della domanda privata».
Lo scenario nazionale
Il fragile scenario delle imprese artigiane non riguarda solo la Sardegna: alla fine dello scorso anno solo in Campania, Trentino-Alto Adige, Calabria, Sicilia e Liguria gli artigiani hanno superato il livello dell’offerta locale del 2019.
La Sardegna si colloca tra le regioni con un calo in linea con la media nazionale (-0,6%), ma ci sono territori dove la riduzione sfiora il 3% (Marche e Abruzzo), e certo rilevante è il caso della Lombardia, dove il numero di imprese artigiane è inferiore del 2% rispetto al 2019. Stessa percentuale negativa in Toscana. Se poi si amplia l’arco temporale e il raffronto viene fatto con il numero delle imprese attive alla fine del 2009, si evidenzia con chiarezza la crisi dell’offerta regionale: in dodici anni quasi il 20% delle imprese artigiane è uscito dal mercato, una situazione più drammatica si riscontra solo in Abruzzo.
Nel primo trimestre 2022 altri territori segnano una modesta crescita del numero di imprese, più importante in Trentino-Alto Adige e Campania, piuttosto improntata alla stagnazione in numerose regioni (Veneto, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia), ben più penalizzante nelle regioni dell’Italia centrale, con Toscana e Lazio che vedono ridotto il numero dell’1,5% e 1,9% rispettivamente, e le Marche quasi del 3%.
L’artigianato in Sardegna
Il sistema dell’artigianato regionale era cresciuto con continuità in termini demografici fino al 2008, quando in Sardegna erano censite ben 43 mila imprese artigiane (contro le circa 34 mila di oggi), il 28,5% del totale (una quota non distante da quella delle regioni storiche dei distretti industriali, come Marche, Toscana o Emilia-Romagna, dove oggi è circa il 30%). In quegli anni l’artigianato era stato uno dei motori dell’economia della Regione, facendo della Sardegna una delle economie italiane a più forte vocazione artigiana.
Dopo la crisi, però, un tessuto imprenditoriale evidentemente troppo fragile non ha retto l’impatto di una congiuntura economica mai tornata vivace, e oggi gli artigiani rappresentano meno del 24% del totale delle imprese sarde. Un dato che certifica il ridimensionamento del peso dell’artigianato sull’economia dell’Isola ma che, tuttavia, lascia alla Sardegna il primato tra le regioni del Mezzogiorno.
I valori assoluti descrivono con evidenza la crisi dell’artigianato sardo: anche dopo la stabilizzazione dei mesi più recenti, nel saldo tra il primo trimestre 2022 e il 2009 quasi 3.800 imprese artigiane attive nel settore delle costruzioni sono fuoriuscite dal mercato; 1.100 dal settore trasporti, magazzinaggio e comunicazioni, 2.500 dall’industria manifatturiera, di cui oltre 750 dall’industria del legno (dalle 1.940 del 2009) e oltre 460 da quella della carpenteria metallica (erano 1.700 nel 2009).