Scomparso a Berchidda Annino Casula, uomo e sportivo generoso
BERCHIDDA. È volata in cielo l’anima buona di una persona perbene. Alla soglia dal compimento dei 92 anni è mancato Annino Casula, figura storica di Berchidda per i suoi trascorsi nella società civile e in quella della parrocchia, alle cui attività umanitarie ha fattivamente collaborato fino a quando l’età glielo ha consentito. I dogmi della Chiesa erano il faro della sua vita, improntata a sani principi etici e morali che lo portavano ad avvicinarsi a coloro che avevano più bisogno. La profonda Fede, che praticava nel quotidiano, era la sua luce, e partecipava alle funzioni religiose, avvicinandosi ai sacramenti come solo i veri credenti sono capaci di fare. Comportamenti, questi, che ha trasferito all’interno della sua famiglia, stimata e ben voluta nella comunità.
Annino era una persona molto nota perché è stato, fino alla pensione, uno stimato funzionario del Comune di Berchidda nel Settore Amministrativo, dove era responsabile del servizio abigeato e collaborava fattivamente nei Servizi Demografici fino agli ultimi anni del secolo scorso. In giovane età, e per un breve periodo, ha militato nell’Arma dei Carabinieri, ma esigenze di carattere familiare lo avevano portato a lasciare la divisa per fare ritorno nel paese natio dove ha collaborato nel negozio di barbiere che fu del padre e che poi ha gestito con il fratello. Ha comunque “seminato” bene, se è vero che ha portato i tre figli ad indossare la divisa che fu sua.
Ma la figura di Annino è nota ai berchiddesi – e non solo – per aver coltivato per tantissimi anni la passione sportiva, praticando ed elevando alla massima potenza i valori di lealtà, correttezza, perseveranza ed attaccamento ai colori sociali del Berchidda Calcio, nei momenti in cui ha calcato i campi da gioco di tutta la Sardegna, seguendo sempre rigidi canoni alimentari e di vita che solo uno sportivo con sani principi riesce a seguire, seppure all’interno di un’attività dilettantistica. La sua è stata una carriera cominciata da giovanissimo, e finita solo dopo i quarant’anni di età, che lo ha visto scendere in campo dai primi anni cinquanta per concludere negli anni settanta con galloni e fascia di capitano di lungo corso, manco a dirlo, nel Berchidda.
Anche se in Fisica non possono essere considerati colori, il bianco e il nero sono stati i tratti distintivi della vita sportiva di Annino Casula, accompagnandolo nella sua lunghissima attività calcistica nelle “zebrette”, come si usavano distinguere i calciatori della squadra locale, le cui gesta erano raccontate dalle scorrevoli penne dei cronisti di allora e con la stessa intensità ha coltivato il tifo per la Juventus, che seguiva quotidianamente sfogliando “Tuttosport” fino a qualche giorno prima di lasciare la vita terrena. Rimane altresì indelebile il ricordo che le persone di una certa età hanno sulle infinite dispute verbali legate ai colori juventini e non solo, che si sviluppavano nel suo salone di barbiere, e fanno ormai parte della storia sportiva berchiddese.
Non era solito raccontare specifici episodi legati alle centinaia di partite giocate nelle diverse categorie: il rigore non dato, il gol fallito, la grande parata del portiere, il contrasto più o meno duro con l’avversario, l’arbitro presunto contro, piuttosto aveva più a cuore riportare la passione per il gioco del calcio, i grandi sacrifici che si usavano fare durante la settimana e nei giorni immediatamente precedenti le partite, gli allenamenti nelle giornate fredde o piovose, i campi trasformati in veri e propri pantani che appesantivano il pallone, allora veramente in cuoio e non certo idrorepellente come quelli che si usano oggi.
Riportare i tantissimi ricordi legati a quell’epoca sarebbe troppo lungo, ma vale la pena di raccontare alcuni aneddoti che i “saggi pallonari” di quel tempo hanno fatto in modo che, con i loro racconti verbali, si tramandassero di generazione in generazione, facendo in modo che, anche per mezzo di queste righe, rimanessero nella disponibilità delle generazioni future, fra cui, solo per citarne qualcuno, le trasferte a Buggerru, Sant’Antioco, Carloforte, a Cagliari, dove giocava la Gennargentu Pacini, Arborea ed a Ingurtosu per affrontare una bella squadra formata da grandi giocatori continentali che lavorano nell’allora più importante bacino minerario sardo. Gli anni Cinquanta erano anni di grandi trasformazioni e di ripresa economica post-bellica, ma ancora in pochi erano proprietari di una macchina e quindi il più delle volte si partiva con il camion di Tittinu, dirigente e autista in cui si mettevano le panche, un tendone sopra il cassone e via, verso la salita di Cadreas, il nevischio di Campeda e l’assolata Carlo Felice nel Campidano per giungere a destinazione e giocarsi la partita.
L’ultimo a partire per le trasferte della domenica era proprio Annino Casula, che, finito di servire l’ultimo cliente, saltava sulla “Giulietta di Ernesto” per poter arrivare a tutta velocità giusto in tempo per l’inizio della partita. Sempre di corsa, nel lavoro come in campo nel suo ruolo di insostituibile centrocampista e prezioso punto di riferimento per i suoi compagni.
Ricordava con piacere i nomi di quei compagni di squadra, bravi, che venivano “da fuori”, alcuni anche famosi come Gino Colaussi, campione del mondo con l’Italia di Pozzo nel 1938, che giocò un campionato nel Berchidda a metà degli anni cinquanta. E poi i bravissimi Leoni e Puttinati, l’oschirese Nardino Fresu, gli olbiesi Farina, Careddu, Degortes, Conte, Sechi, i sassaresi Fiori, Moretti e Casu, i galluresi Pola, Addis, Deidda, Bellu, Palitta, Luciano, Molinas e tanti, tanti altri e le storie di calcio legate ai derbies contro l’Ozierese degli avversari-amici Apeddu, Niedda, Sistu e Manunta. Era ancora in piena attività, a metà degli anni sessanta dello scorso secolo, quando ebbe l’idea di formare un settore giovanile ben organizzato. Fu tra i primi e tra i pochi in Sardegna ad avere dagli Organi Federali le attrezzature necessarie per portare, con moderne tecniche di allenamento, i giovani alla pratica del calcio. Ed ancora oggi a Berchidda ricordano quegli anni di sfide a livello regionale, come non dimenticano e mai dimenticheranno chi accompagnò tanti giovani in quel percorso di vita e di insegnamenti, non solo in ambito sportivo. Non aveva terminato la carriera agonistica che già era pronto per iniziare quella di allenatore-giocatore della prima squadra del Berchidda, arretrando un po’ il baricentro del suo ruolo iniziale per diventare un libero – oggi lo chiamano “centrale” – a guardia della fase difensiva. La capacità e i metodi di preparazione, per quei tempi evoluti, lo portarono ad avere esperienze di allenatore in diversi periodi anche nel Budduso’, nell’Oschirese, e nel San Giorgio Perfugas.
Terminata l’attività legata al calcio, la sua passione per la pratica sportiva e la continua ricerca di un tenore di vita improntato alla salubrità del corpo e della mente lo hanno portato a continuare l’attività fisica, e così lo si vedeva in sella alla sua bicicletta in escursioni nelle strade e nei paesi vicini in compagnia di altri coetanei. Ovunque e in ogni ambito resta di lui il ricordo di una persona corretta nei rapporti umani, improntati ad una serietà di comportamento, che hanno lasciato un segno nella comunità in cui ha vissuto e operato. Grazie Annino.
Filiberto Crasta
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