Tradizione e innovazione nell’arte del Maestro coltellinaio Marco Sechi
NUGHEDU S.N. L’officina artigianale del Maestro Coltellinaio Marco Sechi la troverete a Nughedu nella via Lamarmora in un locale che ha una lunga storia da raccontare. Infatti diversi anni addietro era “su fraile” di maestro Cosimo Fadda, al secolo “Ciampù”, fabbro dedito non solo alla creazione di scuri, zappe ed altri attrezzi, ma anche esperto armaiolo. Di quel “fraile” ricordo i muri neri di fuligine, la densa coltre di fumo, la polvere ferrosa che si depositava dappertutto e la nicchia nel muro da cui non poteva mai mancare la bottiglia di vino ed il bicchiere.
Di quella officina dopo la ristrutturazione è rimasto ben poco, tuttavia entrando nell’antro comunque ci si accorge immediatamente che qui il tempo si è fermato, che la tecnologia elettronica ed ultra sofisticata della modernità standardizzata, spersonalizzata ed uniformante della produzione di serie qui non esiste. Qui è il regno del manufatto, dell’unicità, della creazione personale, dell’opera d’arte in ferro battuto, del modello unico che tale rimane anche se riprodotto in più pezzi proprio perché lavorato interamente a mano. Il Maestro Sechi lo troverete vicino alla fornace, oppure intento a battere il ferro rovente color ciliegia con precisione millimetrica, ritmando le battute con martelli di diversa forma e peso. Potrebbe sembrare una litografia epica raffigurante il dio Vulcano che, nell’officina in fondo al Vesuvio, col suo battere ponderato, preciso e cadenzato, forgia le armi invincibili e scintillanti di Achille piè veloce ed invece è immagine reale, concreta, tangibile. È uno dei pochi grandi maestri del ferro che unisce alla tradizione artigianale secolare, estro, fantasia, creatività ed innovazione.
Ma la specialità del Maestro è la creazione di pregiati coltelli artigianali, più precisamente “Sa Resolza”. Quest’oggetto, pur catalogabile nello stile tipico della produzione sarda, mostra una sua specifica peculiarità, tanto che oggi viene definita “Sa Nughedesa” e si distingue nel design da “Sa Pattadesa”. Il manico ergonomico e opalescente, con colori, tonalità, venature e sfumature di intensità diverse che cambiano ad ogni creazione, viene ricavato da corno di bufalo e di muflone e nei modelli più pregiati viene realizzato in avorio; la luccicante lama, realizzata in acciaio al carbonio, mostra, nella parte inferiore del filo, un andamento curvilineo panciuto, mentre nella parte superiore l’originale disegno è frutto di una singolare e personale creatività.
La sua passione per la creazione di coltelli è lontana nel tempo, risale all’adolescenza: “Dovevo fare un regalo ad un amico e pensai di realizzare un coltello. Così guardavo e riguardavo quella resolza fatta da mio nonno paterno Gavino, di origini pattadesi, morto quando ero ancora in tenera età, ma non avevo idea di come procedere. Fu mio padre a darmi qualche suggerimento e i primi rudimenti. Così realizzai il mio primo coltello. In seguito appresi le basi dal fabbro del paese maestro Luiginu, per poi perfezionare la tecnica grazie ai preziosi consigli del maestro Boiteddu Fogarizzu di Pattada”.
In quegli stessi anni affina le conoscenze sui segreti del ferro e della composizione degli acciai in cui fondamentali sono le percentuali del carbonio che determinano elasticità, durezza, resistenza, durata e facilità dell’affilatura. Studiando assiduamente e facendo tesoro dei consigli dei suoi mentori, impara, quasi senza rendersene conto, a riconoscere la consistenza delle tempre in base al colore che assume il ferro arroventato nella fornace. Operazione di grande difficoltà ed in cui si nasconde uno dei grandi segreti di questa antica arte. Così, col passare del tempo e fatti propri i segreti del mestiere, inizia a dare sfogo alla usa creatività, talento di cui sicuramente non difetta, e pur mantenendosi nell’alveo della tradizione della coltellineria sarda, inizia a creare modelli sempre più personali e con un design esclusivo sino alla creazione di un modello che a buon titolo può essere definito “sa Nughedesa”: “Certo non rinnego assolutamente quella che è la tipicità sarda, infatti ho voluto trovare attraverso un lungo processo di ricerca, una mia singolarità, un mio spazio, una mia dimensione creativa che, sia pure nello studio e nell’affinamento di un percorso innovativo, conservi però i tratti essenziali, originari e distintivi della mia terra”.
Nella realizzazione di un nuovo modello per prima cosa si ha quindi la necessità di avere l’idea, l’ispirazione. Poi quell’idea astratta va stilizzata su carta, quindi trasferita su lamierino “su sestu”. Fatto ciò si realizza l’anima (s’Arcu): questa è la struttura centrale e portante del coltello, essa serve per tenere unite tutte le parti che lo compongono e conferisce rigidità a tutta la struttura. La fase successiva attiene alla realizzazione del manico. Per primo si procede alla scelta del materiale: corno di bufalo indiano o africano, muflone sardo oppure, quando si realizzano modelli di più alto pregio, avorio. Tutti i materiali devono essere rigorosamente stagionati e stabili. la lavorazione del corno è lunga e non priva di “rischi” di perdita del materiale. Dopo il taglio viene riscaldato col bruciatore a gas, fino a raggiungere la temperatura ottimale di lavorazione che permette la raddrizzatura mediante l’ausilio di morse e listelli di fissaggio. La fase successiva è il taglio conforme al modello su cartoncino. Si passa poi alla parte più artistica e delicata: la limatura e lucidatura. Il manico viene realizzato in due parti speculari, le guancette, che alla fine devono risultare perfettamente simmetriche e aderire perfettamente all’anima. Il fissaggio si ottiene con “sa bullittadura” mediante rivetti in ottone, o anche altri metalli più pregiati.
La scelta dell’acciaio è importante per il tipo di lama che si vuole raggiungere. In generale la cosa importante è l’equilibrio nel dosaggio del “carbonio” e la “forgiatura”. Questi due elementi sono basilari per l’ottenimento del risultato desiderato, infatti un acciaio ipercarbonico conferisce eccessiva durezza con relativa difficoltà di affilatura e facilità di rottura.
Infine si procede all’assemblaggio lama – manico, allo scasso dell’anello, ovvero la realizzazione della sede ove posizionare il “collarino”. Quest’ultimo è un altro elemento molto importane e contribuisce a conferire unicità al prodotto finale. Infatti può essere realizzato con materiali diversi: ottone, nichel, silver, oro: “Quando però voglio realizzare un modello veramente unico ed esclusivo, creo il collarino con l’antica arte giapponese del Mokume Gane”. Questa particolare lavorazione del metallo risale al XVII secolo con l’applicazione della tecnica del Damasco ai metalli preziosi. Mokume Gane in giapponese sta per “metallo dalle venature lignee”, infatti la lavorazione eseguita permette di ottenere venature con sfumature differenti, ricordanti quelle del legno.
La specialità di questa tecnica consiste nell’ottenere intrecci di diversi colori, combinando più metalli: oro giallo, oro rosso, oro bianco al palladio, argento e/o rame. Tale processo richiede una profonda conoscenza di ogni metallo o lega utilizzata, la quale viene però ripagata dalla realizzazione di gioielli unici, frutto dell’antico paradigma Oreficeria-Magia-Potere. Attualmente maestro Sechi sta realizzando una serie limitata e numerata col collarino inciso a mano dal grande artista nazionale Lorenzo Gamba.
Un’accurata lucidatura finale consegna il coltello al cofanetto che può anche essere in legno pregiato interamente cesellato a mano.
L’intero processo richiede due giorni di lavoro ma l’oggetto che ha preso forma è un’autentica opera d’arte da esporre in vetrina ed il cui valore è destinato ad accrescersi nel tempo
Enrico Fenu