Un protagonista del “manierismo” in Sardegna: Andrea Sanna detto “il Maestro di Ozieri”
Nasce quasi per caso, e neppure in Sardegna, la fortuna critica di uno dei maggiori artisti che questa terra abbia mai generato. L’unico pittore attivo nel Cinquecento nell’isola meritevole di considerazione, al pari del cagliaritano Pietro Cavaro, in ambito non solo regionale. La riconsiderazione delle opere dell’ozierese Andrea Sanna – nel quale si ritiene qui di potere identificare non l’unico ma forse il più rappresentativo maestro tra quanti si adoperarono per la realizzazione di un certo numero di tavole convenzionalmente attribuite al Maestro di Ozieri – è piuttosto tarda e merito di un viaggiatore straniero, quasi che la frequentazione, più che l’imperizia, avesse sopito la coscienza dei residenti. Il suo esordio in letteratura o, meglio, delle opere che a lui sono state successivamente attribuite è legato allo stupore e all’ammirazione manifestata da Antoine-Claude Pasquin bibliotecario di Versailles nello scoprire il retablo della Madonna di Loreto dimenticato capolavoro della feconda Scuola italiana, tra le montagne e gli ovili ozieresi. Poco meno di secolo appresso, nel 1930, lo studioso tedesco Hermann Voss in saggio apparso sul londinese «The Burlington Magazine» acutamente osservava che due tavole raffiguranti una Crocifissione, l’una da lui conosciuta presso un antiquario di Wiesbaden (oggi presso la Staatgalerie di Stoccarda), l’altra presso la parrocchiale di San Giorgio di Cannero Riviera (vb) derivante dallo smembrato retablo del Discendimento dalla Croce di Sassari, erano «simili come due fratelli». A queste lo studioso associava una terza Crocifissione a lui nota solo tramite una fotografia e conservata ancora oggi presso il mus’a Pinacoteca al Canopoleno di Sassari (qui di seguito: ‘mus’a’).
È questo il primo nucleo intorno al quale si costituisce la figura di quello che Enrico Brunelli convenzionalmente nel 1936, nella c.d. ‘Enciclopedia Treccani’, definisce il ‘Maestro di Ozieri’ in riferimento alla sua opera più completa, il retablo della Madonna di Loreto, conservata presso il Museo diocesano di Arte sacra di Ozieri (ss). Lo stesso Brunelli è il primo a riconoscere all’insigne Maestro – ‘di Ozieri’ allora per convenzione e oggi, si crede, anche per ragionevole riscontro anagrafico – la paternità del retablo di S. Elena imperatrice della parrocchiale di Benetutti (ss). Il delinearsi di una personalità dai caratteri ben definiti e inconfondibili è una conquista lenta e graduale della storiografia della prima metà del Novecento. Nel corso degli ultimi decenni gli sono riconosciute anche la Sacra Famiglia di Ploaghe (ss) (D. De Julis e S. Iusco, 1958), la tavoletta del S. Sebastiano del mus’a (R. Serra, 1969), il retablo di S. Maria degli Angeli di Bortigali (nu) (W. Paris – M. Magnani, 1989), la tavola della Madonna dello Spasimo (L. Agus, 2003) dello stesso mus’a e la Madonna di Montserrat con Bambino e San Giuseppe (G.G. Cau, 2007), oggi in collezione privata, unico frammento superstite del pannello centrale di un polittico smembrato, un presunto trittico di San Sebastiano già nell’antica ex parrocchiale di S. Maria Assunta di Oliena (nu).
L’interesse per il fascinoso pittore ha nuovo impulso in occasione della mostra Il Maestro di Ozieri realizzata ad Ozieri dal 17 al 2 maggio 1982 e dimostratasi un’autentica sorpresa soprattutto per i non addetti ai lavori, nella quale sono state riunite per la prima volta quasi tutte le tavole all’epoca attribuite al tardomanierista ozierese. Primo frutto dell’attenzione ridestata dall’esposizione è l’esito di una ricerca archivistica condotta da Salvatore Delogu, che ridefinisce parzialmente il profilo di quel «m(ast)ru Andria Sanna de Ottjerj pintore»attivo ad Osidda nel 1592, già documentato da Francesco Amadu in un saggio del 1960. Nel Natale del 1982 l’appassionato ricercatore pubblica sul settimanale diocesano «La Voce del Logudoro» un breve saggio, dal quale si apprende che Andrea Sanna fu unito in matrimonio con Caterina Serra, dalla quale ebbe quattro figli. La nuova figura di pittore laico delineata dal Delogu non cancella, tuttavia, l’equivoco in cui era incorso l’Amadu, che aveva creduto di identificarlo con un omonimo sacerdote contemporaneo. L’abbandono dell’abito talare, secondo il Delogu, sarebbe stato motivato dal «fatto che verso la fine del ‘500 varie parrocchie richiedevano opere d’arte per decorare delle chiese, che impegnavano per un lungo periodo di tempo», difficilmente conciliabile con gli impegni ministeriali.
Il delinearsi di una nuova personalità dai tratti originalissimi passa, nel corso degli ultimi lustri, per la ridefinizione del corpus delle opere. Sgravato del Crocifisso del mus’a e in massima parte della Sacra famiglia con San Giovannino di Ploaghe, l’opera del Maestro è oggi circoscritta ad una sola pala completa (il retablo della Madonna di Loreto), cinque polittici smembrati (il retablo di Nostra Signora degli Angeli, il retablo di Sant’Elena imperatrice, il retablo del Discendimento dalla croce, il retablo di San Sebastiano di Sassari e il retablo di San Sebastiano di Oliena), una tavola (lo Stendardo processionale di Nostra Signora dello Spasimo ) e un retablo disperso (il retablo di San Paolo di Osidda, nu), per un totale di almeno ventidue tavole superstiti, alcune autografe altre attribuite, alle quali se ne somma una decina circa, note per via documentale.
Sull’identità del Maestro di Ozieri, particolarmente negli ultimi cinquant’anni, si è detto tantissimo. Personalmente, chi scrive ritiene di avere credibilmente interpretato e ampiamente documentato tre firme criptiche sui retabli di Bortigali, Ozieri e Benetutti, che conducono all’ozierese Andrea Sanna attivo nel Nord Sardegna nella seconda metà del xvi secolo e in parte nel primo decennio del secolo successivo, autore del perduto retablo di S. Paolo ad Osidda nel 1592. Nel retablo di Nostra Signora degli Angeli la firma è espressa emblematicamente nella tavola dell’Adorazione dei Magi da una sorta di pittogramma, nel quale l’immagine di un cinghiale – l’unico animale sardo dotato visibilmente di zanne, chiaro riferimento all’etimologia del cognome Sanna (zanna) – è seguita dal monogramma “Mf”, che può facilmente essere sciolto in “Sanna M[e] f[ecit]”. Nell’ancona della Madonna di Loreto la sigla è una lettera “S”, per S[anna], inscritta su di una tavoletta posta in evidenza su di un ripiano alla sinistra di s. Elisabetta nella tavola della Visitazione. Molto più complessa è l’originalissima firma del retablo di S. Elena, nel quale, attraverso un rigorosissimo ordine filologico espresso con una raffinata allegoria nella tavola della Prova della vera croce, i soggetti ritratti mimano con la gestualità delle mani anche la data di consacrazione della pala, indicandola nel 14 aprile 1585 giorno della Domenica della Palme, che introduce la Settima Santa, nella quale la croce è protagonista. Il tardomanierista di cui qui si scrive è omonimo, contemporaneo e statisticamente di età maggiore dell’Andrea Sanna sacerdote indicato da Francesco Amadu nel 1960. È coniugato, con prole, laico da sempre e non ridotto allo stato secolare per opportunità di mestiere, secondo la proposta avanzata da Salvatore Delogu nel 1982.
Il problema della datazione delle opere del Maestro di Ozieri è uno dei più controversi della storia dell’arte sarda. Fondamentalmente possono distinguersi tre differenti correnti di pensiero tutte basate su considerazioni che intorno alla collocazione temporale del retablo della Madonna di Loreto hanno finora gravitato. La prima poggiando su ragioni stilistiche e storiche considera la pala realizzata prima del 1528, quando la chiesa della Madonna di Loreto per la quale fu dipinto il retablo omonimo fu abbandonata dagli Osservanti per l’insalubrità dell’aria. La seconda, partendo dal presupposto contrario di un attardamento culturale origine di quei fenomeni di imbalsamazione dei modi, che frequentemente hanno contrassegnato l’arte isolana rispetto ai tempi della penisola, indica come possibile un termine compreso tra il 1591 e il 1593, anni in cui il complesso monastico lauretano fu rioccupato dai Cappuccini. Tra le due ipotesi estreme è andata negli ultimi decenni via via rafforzandosi una vecchia corrente, che con differenti sfumature lo vede attivo intorno alla seconda metà del Cinquecento. Chi scrive crede che la sua attività abbia l’esordio nel 1553 a Sassari con una piccola collaborazione nella Sacra Famiglia di Pietro Calvano detto ‘il Senese’ (G.G. Cau, 2005) e giunga a compimento nel 1602 con il retablo di S. Sebastiano di Oliena, la sola di tutte le opere attribuitegli certamente datata.
Il profilo biografico che emerge dalle carte d’archivio è denso di una quantità notevole di dati, per i quali Andrea Sanna si colloca, almeno per quanto riguarda il dato biografico, in una posizione di preminenza tra i pittori sardi del Cinquecento. Tra le tante, si pongono in luce talune preziose testimonianze sulla sua presenza a Sassari nel 1600 dove nel 1596 aveva contratto matrimonio, e ancor prima, nel 1590, presso la fabbrica di Santa Croce, da dove deriva il retablo del Discendimento dalla croce, al fianco di Antonio Cossu suo probabile collaboratore; non ultima una annotazione, meritevole di giusto riguardo, che stabilisce una diretta relazione tra il Sanna e la chiesa della Madonna di Loreto, per la quale il Maestro di Ozieri dipinse l’omonimo retablo e in favore della quale il Sanna aveva testato.
Tutt’altro che facile, in assenza di solidi dati, è, invece, la ricostruzione di un preciso iter formativo, che può essere solo presupposto sulla base di un attento esame stilistico delle opere e di pochi ma non trascurabili documenti d’archivio di recente rinvenimento. Intorno alla metà del xvi secolo opera a Sassari una quantità di artisti, le cui capacità possono essere presunte in base ai compensi, talvolta affatto modesti, riferiti in pochi atti di commissione ancorché di opere non disponibili. Tra i più meritevoli di considerazione si ricordano: il cennato Pietro Giovanni Calvàno detto «Senés» per l’origine senese, documentato a Sassari tra il 1530 e il 1555 (nel 1562 è già deceduto), Giovanni Del Gillo (doc. 1522, † 1554), Leonardo De Serra (doc. 1532-1548) e Giovanni Spert (doc. 1532-1538). Ad alcuni di questi necessariamente si dovrà fare riferimento per postulare l’avvio del fortunato cammino artistico di Andrea. Questo non solo per una evidente coincidenza temporale-spaziale (contemporaneità dei soggetti trattati e vicinanza del capoluogo turritano con la villa di Ozieri), ma anche per la valenza di alcuni dati documentali, e per la possibilità di stabilire una dipendenza tra le opere attribuite al discente e al presunto maestro.
Seppure affatto risolutivo, non si potrà non tenere conto del ruolo di trait-d’union tra Andrea Sanna e Pietro Giovanni Calvàno assunto dal mercante sassarese Nicola Casada, che nel 1555, a Sassari, compare in veste di testimone in un atto di alienazione di un censo di sessantadue lire e mezza, del quale è parte, in qualità di debitore, «Pera Johanne [Calvàno] su pintore». Lo stesso Casada nel 1591 è, infatti, fornitore delle tavole su cui sarà dipinto il retablo di S. Paolo, l’unico, per quanto disperso, documentalmente riconducibile al pittore ozierese. La frequentazione del Calvàno e del Sanna di uno stesso personaggio (il Casada) indurrebbe – il condizionale è d’obbligo, in assenza di ulteriori elementi comprovanti – a circoscrivere quantomeno uno stesso giro di conoscenze e un ambito artistico, quello sassarese, a cui fare riferimento. Sulla base di questo assunto la bottega di Pietro Giovanni Calvàno e, forse, di Giovanni Del Gillo suo abituale collaboratore appare al momento la più probabile officina di formazione del Maestro di Ozieri.
L’innegabile carattere culturale sardo-ispanico di tutte le opere del Maestro di Ozieri, che costituisce la piattaforma su cui si innestano, con sorprendente disinvoltura e spericolatezza, rimandi ad ambiti artistici anche distanti, in un vortice che trascina e amalgama reminiscenze fiamminghe, tedesche, iberiche, venete, emiliane, lombarde, tosco-romane e napoletane, presuppone una formazione locale, maturata principalmente a Sassari, presso il Calvàno. Gli elementi di originalità di questo tardomanierista sono molteplici e tutti meritevoli di considerazione. La sua pittura si caratterizza per le straordinarie soluzioni luministico-cromatiche, per la sapienza della composizione scenica, per la tipicizzazione delle fisionomie e per i molteplici rimandi ad ambiti pittorici differenti anche distanti, che sottintendono una vastissima cultura visiva, quasi certamente maturata non solo in Sardegna. Eppure di Sardegna sono straordinariamente ricche le sue opere e permeata tutta la sua pittura. Sorprende per la sua modernità quando, consapevole del suo ‘essere sardo’, inserisce i nuraghi nel paesaggio delle sue opere e ambienta tra ruderi di un nuraghe un presepe nel quale riposano il bue e l’asinello. Fra i primi artisti isolani dipinge paesaggi realmente sardi dove è possibile riconoscere i luoghi di committenza degli stessi retabli. Nel retablo di Bortigali, per esempio, è figurato il Monte Santo Padre, nel retablo della Madonna di Loreto il colle ozierese di Monserrato, nel retablo di Benetutti la rocca del castello di Burgos.
Nella sua ultima attestazione in vita, una nota dell’Archivio del Capitolo di Ozieri del 9 aprile 1607, egli è semplicemente e assolutamente «m[astr]° pintore»: il pittore per antonomasia, così come nella prima metà del secolo, nel meridione dell’isola, lo era stato, «Mestre Pere [Cavaro] pintor» nella sua Cagliari. E non v’è dubbio che si tratti di Andrea Sanna, ove si consideri che nell’arco di quasi mezzo secolo tra il 1597 e il 1630 nel registro dei battesimi della villa non compaia alcuna famiglia Pintore, né alcuno dei circa cinquecento capifamiglia che nel 1607 sottoscrive una petizione per l’istituzione della Collegiata ad Ozieri porti quel cognome.
Nella moltitudine degli anonimi pittori attivi nel Nord Sardegna tra la seconda metà del Cinquecento e il primo Seicento si pone in luce, per l’apprendimento più immediato da Andrea Sanna, il Maestro di Berchidda che nel retablo di San Marco dimostra di ben conoscere l’opera dell’Ozierese, al punto da lasciare intendere un rapporto di bottega. Alla sua cerchia è da ricondurre il retablo di San Giorgio di Ambrogio Calvàno detto ‘il Maestro di Perfugas’ (G.G. Cau, 2007). Il figlio di Pietro Giovanni Calvàno detto ‘il Senese’ attinge ad uno stesso repertorio iconografico, rappresentato dalle incisioni dell’epoca e dalle tavole del Maestro di Ozieri, e fa uso degli stessi cartoni degli estofados de oro del retablo di Bortigali, ereditati presumibilmente dalla bottega paterna, dove avrebbe operato – il condizionale è d’obbligo perché fondato su talune tangenze tra le opere dei Calvàno e del Sanna e su pochi documenti, importanti ma non risolutivi – al fianco del Maestro di Ozieri. Aspetti del tutto inediti sulla coniugazione della maniera di Stampace con quella propria di «mastru Andria Sanna» si rilevano nell’interessante Maestro di Tonara, di recente riscoperto e rivalutato (G. G. Cau 2005). Alla sua mano va ricondotto un consistente numero di tavole afferenti tre retabli smembrati: quello di Sant’ Anastasìa di Tonara e quelli dell’Assunzione della Vergine e della Passione di Cristo di Oliena, che lo fanno partecipe di una circolazione di idee tra le due maggiori scuole isolane, la stampacina dei Cavaro e quella sassarese del Calvano, del Del Giglio e del Sanna.
Gian Gabriele Cau
Estratto da: I Club del Distretto 2080 raccontano. Personaggi, Vita e Tradizioni, a cura del Rotary International Distretto 2080, Subiaco 2013, pp. 99-104.
Didascalie delle foto
- Discendimento dalla croce attr. a Andrea Sanna detto ‘il Maestro di Ozieri’, 1590 -1596 circa, olio su tavola, cm 171 x 103, dal retablo del Discendimento dalla croce Ozieri (SS), Museo diocesano di Arte sacra.
- Andrea Sanna detto ‘il Maestro di Ozieri’, Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta 1576-1577 circa, olio su tavola, cm 170,6 x 73,3, dal retablo della Madonna di Loreto, Ozieri (SS), Museo diocesano di Arte sacra.
- Andrea Sanna detto ‘il Maestro di Ozieri’, Passione di Gesù Cristo, 1585, olio su tavola trasportato su tela, cm 145 x 149, dal retablo di Sant’Elena imperatrice, Benetutti (SS), parrocchiale di S. Elena.