Unione Europea: case green, tutto stravolto. Rivisti tempi, obblighi e sanzioni
Cancellati dal testo della Direttiva molti articoli controversi, come quello sui mutui green, che impedivano la vendita o l’affitto degli immobili con le classi energetiche più basse.
Come già preannunciato, giovedì 12 ottobre si è tenuto una nuova riunione del “trilogo”, ossia un nuovo negoziato tra Parlamento, Consiglio e Commissione UE, per il raggiungimento di un accordo finale per la Direttiva sulle case green, e ne è uscito quello che tutti speravano. La Direttiva già parzialmente concordata, è stata completamente stravolta. Se qualcuno aveva intenzione di accelerare ed andare avanti su quanto si era già delineato è senz’altro rimasto deluso. Infatti da una prevista riunione da tenersi ad oltranza, ossia in modalità “open ended”, cioè senza limiti di tempo fino al raggiungimento di un accordo tra le parti, dopo sole dodici ore di trattativa, ci si è arenati e si sono tutti ammorbiditi. C’è finalmente stato un cambio di paradigma ed ha prevalso il buon senso.
Ossia si è arrivati, dopo un più razionale confronto tra le parti, ad eliminare la norma che imponeva l’obbligo di intervenire sugli immobili entro delle scadenze già prefissate e di spostare, dal 2033 al 2050, il raggiungimento di determinati obiettivi di risparmio energetico degli edifici. È stata eliminato il cuore della direttiva, cioè la parte relativa agli obblighi e questa è l’essenza a cui si è arrivati. È stato eliminato l’obbligo di intervenire sugli immobili, come previsto inizialmente, ma si è arrivati a invitare gli Stati membri ad intervenire, per il raggiungimento degli obiettivi Green, con detrazioni fiscali ed altre azioni che possano spingere verso l’abbattimento dei consumi energetici.
Il trilogo ha deciso di rivedersi a dicembre, dove dovrebbe esserci una svolta, per cercare di chiudere e raggiungere un accordo definitivo e conclusivo, utile al raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico, utilizzando il semplice buon buonsenso.
Quello che alla fine conta è che non ci sarà più alcuna ristrutturazione obbligatoria e, come giustamente detto da alcuni commentatori, c’è stata molta flessibilità e si è “sventata l’ennesima follia green” della Commissione. In particolare, nella nuova bozza, gli Stati membri dovranno stabilire un loro piano di miglioramento delle classi energetiche degli edifici, pubblici e privati, con delle tappe da rispettare nel 2030 e nel 2050 e non si lavorerà più sul singolo edificio residenziale, ma sull’intero parco immobiliare nazionale.
Un esempio, banale, potrebbe essere che entro il 2030 il 40% degli edifici in Italia deve essere almeno in classe E ed entro il 2050 il 90% almeno in classe D. Però, se guardiamo l’Italia e la Sardegna, con una grande maggioranza degli edifici residenziali nella classe energetica F e G, è chiaro che il rinvio non è la soluzione, abbiamo ancora un problema, che sarà a lungo termine, ma è sempre un problema su cui bisognerà intervenire.
Certamente la precedente ipotesi era irrealizzabile, arrivare al risultato atteso in meno di dieci anni e per milioni di edifici residenziali, sarebbe stata un’opera ciclopica, senz’altro irrealizzabile. Possiamo così dire che l’Italia, che da subito si era mostrata fortemente contraria, ha raggiunto il suo obiettivo. È riuscita a far cancellare dal testo della direttiva anche molti articoli controversi, come quello sui mutui green, che impedivano la vendita o l’affitto degli immobili con le classi energetiche più basse ed è riuscita a far eliminare l’obbligo di installare colonnine di ricarica elettrica e di cablare i parcheggi negli edifici residenziali già esistenti.
Alla fine, per il momento, ha prevalso il buonsenso e possiamo dormire sonni tranquilli, ma non per questo bisogna cullarsi per il risultato ottenuto, e continuare a vigilare e stare attenti.
Salvatore Loriga
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