Sospensione Messe in presenza, il Vescovo di Ozieri: «L’ordinanza del Comune di Bono ha dell’inverosimile»
Sulla decisione del Comune di Bono di sospendere in tutte le chiese del territorio comunale le celebrazioni in presenza dei fedeli, è intervenuto con un forte comunicato il vescovo di Ozieri mons. Corrado Melis, che dissente la decisione dell’Amministrazione.
Il testo integrale del comunicato del Vescovo di Ozieri.
«L’ordinanza del Vicesindaco della comunità di Bono ha dell’inverosimile: un colpo di mannaia così scomposto da far sgranare gli occhi anche ai più distratti ascoltatori di tg, ormai assuefatti alle sorprese a cui la pandemia ci ha abituati».
Oggetto: nuove misure di contenimento da attuarsi sul territorio comunale per il contenimento e contrasto del COVID-19. Sembra tutto secondo le normali consuetudini amministrative di un comune in emergenza Covid-19 fino al comparire di una formula decisamente maldestra sia nella forma che nel contenuto: “[il Vicesindaco ordina] la sospensione, nelle chiese presenti nel territorio comunale, di tutte le celebrazioni feriali e festive in presenza dei fedeli”.
Ha tutta l’aria di un disperato tentativo di tamponare una situazione ormai sfuggita di mano, visto l’esponenziale incremento dei casi di infezione nella già provata comunità di Bono e forse – sembrerebbe dalle cronache di quartiere – si tratterebbe di una risposta di petto alla rilassatezza o poca serietà nel rispettare le norme vigenti. Ora, è più che probabile che al vicesindaco, che ho provveduto a contattare personalmente senza alcun risultato, sia sfuggita la penna nella foga della disperazione e abbia sconfinato oltre le sue prerogative.
È sommamente comprensibile il carico morale e istituzionale della responsabilità davanti a tante persone, famiglie e tanti già immunodepressi aggrediti dal virus, ma dissentiamo nella maniera più radicale da una indebita e grossolana ingerenza nella sfera del culto scavalcando sia l’evidenza di una prassi ecclesiale attenta e serena nel rispetto delle normative, sia una storia di giurisprudenza ormai assestata da quasi un secolo, e quindi soprassedendo e anzi evitando (e qui si affaccia l’ipotesi del dolo!) un confronto sereno con l’autorità ecclesiastica (nella fattispecie, il sottoscritto e il parroco).
Non credo, infatti, di assumere un punto di vista di parte se affermo che le nostre Chiese, grazie all’impegno dei parroci e dei collaboratori, ma anche al maturo buon senso dei fedeli, sono forse uno dei pochi luoghi in cui tutti i dispositivi di protezione individuale e collettiva sono rispettati anche con una certa facilità dovuta all’impostazione logistica di ogni rito: si sta sempre fermi nello stesso posto, non si parla a breve distanza, chi parla non ha nessuno davanti, si è rivolti tutti nella stessa direzione, non si tocca nessun oggetto. E poi: è obbligatoria la mascherina, la sanificazione all’entrata e all’uscita, le distanze vengono osservate ed è esclusa ogni possibilità di contatto.
Personalmente posso assumermi la responsabilità di chiedere agli amministratori di fidarsi e appurare di persona la normalità con cui vengono rispettate le norme ministeriali all’interno dei luoghi di culto. Quel che poi accade al di fuori della Chiesa, come nel caso delle condoglianze dei funerali, purtroppo non è più competenza dei sacerdoti e avverrebbe anche se non ci fosse la cerimonia funebre. Forse, in queste situazioni, potrebbe essere utile un controllo più attento da parte delle autorità civili e anche militari.
Altro aspetto decisivo da valutare. Dal 1929 (anno dei Patti Lateranensi) ad oggi autorità civile e religiosa hanno stretto sempre di più un vincolo saldo e sereno, scoprendo reciprocamente la ricchezza dell’amicizia, della stima e della lotta comune nei confronti di ogni minaccia disumanizzante che attacca la popolazione servita con attenzione e cura da entrambi. Se poi guardiamo ai nostri piccoli centri, sono lontani i tempi guarschiani di don Camillo e Peppone: i legami tra campanile e municipio sono ancora più forti e io stesso ho sempre stimato, accompagnato e incoraggiato l’operato degli amministratori locali.
Per questo, la posizione istituzionale che ricopro mi mette in forte imbarazzo davanti a un documento così perentorio in materia di culto e vita sacramentale. Ci si sarebbe potuti anche rifare all’esperienza del primo lockdown, quando si sollevò un polverone proprio perché non c’era stato un dialogo sereno e arricchente tra il governo e l’istituzione ecclesiastica (CEI). Dal tavolo che ne risultò, venne fuori la consapevolezza da parte del Governo di non essere soli a lottare contro la pandemia ma di avere nella Chiesa un valido alleato con cui condividere una grossa responsabilità in tempo di incertezza e smarrimento.
Insomma, rinnovando stima e fiducia e facendo appello alla coscienza degli amministratori invito con decisione le autorità amministrative del comune di Bono e di ogni altro comune che si dovesse trovare nella stessa situazione a scegliere la pista si un dialogo sincero, intelligente e responsabile per poter coordinare al meglio le forze in questa situazione già così complessa», conclude il vescovo di Ozieri mons. Melis.
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